05/07/2016

Tame Impala

Market Sound, Milano


Come da copione, i primi giorni di luglio regalano a ogni estate italiana una serie di concerti sempre molto interessanti e attesi. A giudicare dall'agenda di eventi sparsi per Milano, il 2016 non ha proprio fatto eccezione: dal "Boss" Springsteen che riempie per due sere San Siro, alla combo Grimes/Blood Orange al Magnolia, passando per i Last Shadow Puppets all'Alcatraz, i Gold Panda, Matt Elliott, fino ad arrivare agli attesi Sigur Rós nella verde cornice del Parco di Monza. In mezzo a questi e altri nomi più o meno grandi spiccano gli australiani Tame Impala, che dopo circa un anno tornano nella loro amata Italia, questa volta al Market Sound di Milano.

La parabola dei ragazzi di Perth, che di recente hanno fatto una gran bella figura al Primavera di Barcellona, è ormai ben nota. Due album dal sapore retrò che scavano nel rock psichedelico, nell'accezione più cosmica e floydiana del termine, subito seguiti da una decisa virata su territori più elettronici, dove i chitarroni vengono edulcorati (se non praticamente azzerati) dai synth e dalle atmosfere ovattate e supercool di un funk-soul tutto lustrini e paillettes. Il sapore retrò resta, gli anni Settanta si confermano le coordinate temporali preferite da Parker e soci, mentre cambiano radicalmente le influenze musicali, l'attitudine sonora e di conseguenza, mi si consenta la metafora, le profondità dei trip mentali dell'ascoltatore.

E quindi attendiamo questo concerto dei Tame Impala con un approccio piuttosto singolare, quasi di sfida e confronto con un recente passato fatto di live non troppo convincenti (le precedenti date milanesi degli australiani non avevano convinto fino in fondo) e di un album, "Currents", piuttosto inaspettato e, sì, forse un po' sottotono rispetto ai precedenti. Insomma, un pizzico di scetticismo per esorcizzare il timore di vedere affogare in un anonimo calderone pop una delle più promettenti band di questi anni Zero. Pensieri che occupano il tempo di una birra prima della comparsa sul palco di un Parker in versione sempre più frontman, che saluta e scambia battute con un pubblico numeroso ma non certo da sold-out come forse era lecito attendersi.

I ragazzi sparano subito la bomba in apertura, quell'anello di congiunzione tra "Innerspeaker" e "Currents" che risponde al nome di "Let It Happen", con il primo di una serie di tripudi di luci e coriandoli sparati dai cannoni ai lati del palco. Trucchetti ad effetto che, come bene ci insegnano i Flaming Lips, nei grandi festoni psichedelici funzionano sempre. La scaletta regala una prima parte con diversi tuffi nel passato, specialmente con la tripletta "Mind Mischief", "Why Won't You Make Up Your Mind?" e "Why Won't They Talk to Me?", fedelmente riproposte nella loro versione originale molto acida, e una sempre grandissima "Elephant", impreziosita da una sezione ritmica martellante e a tratti schizofrenica.

Sia ben chiaro: gli echi elettronici di "Currents" non si sono certo dissipati, anzi riemergono con forza nei pilastri del nuovo corso, "The Less I Know The Better", "Yes I'm Changing" e soprattutto la scintillante "Eventually", probabilmente il picco emozionale dell'intero concerto.
La dancefloor molto funkadelica di "Daffodils" smuove il pubblico al punto giusto, e c'è anche il tempo di rituffarsi nei trip lisergici di "Alter Ego" e della sempre gradita "Apocalypse Dreams", un altro caposaldo della discografia degli australiani. Immancabile il vero manifesto della band "Feels Like We Only Go Backwards", cui i volumi troppo bassi dei synth non hanno proprio reso giustizia, mentre in chiusura di una setlist invero piuttosto breve (circa un'ora e venti) c'è "New Person, Same Old Mistakes".

Chissà se ha davvero senso dibattere sull'oggettiva bontà della piccola grande svolta pop dei Tame Impala, una band che dopotutto ha all'attivo la miseria di tre album e che avrà tutto il tempo in futuro per stupirci in positivo o farci storcere il naso. Di sicuro il giudizio finale non può discernere dal puro gusto personale: chi ha aspettato invano i viaggi nell'iperspazio di "Keep On Lying" o i ruggiti elettrici di "Solitude Is Bliss" e "The Bold Arrow Of Time" ha dovuto suo malgrado ammettere la (temporanea? definitiva?) consacrazione pop del quintetto di Perth, senza se e senza ma.
Resta comunque il fatto che, al netto delle proprie preferenze, la band di Parker ha dimostrato - molto più che in passato - di saper stare alla perfezione su un palco. E questo è un merito decisamente più grande di qualsiasi presunta battaglia ideologica tra passato e presente, revivalismo e modernità, chitarre e sintetizzatori.

Setlist

Intro (Walk On)
Nangs
Let It Happen
Mind Mischief
Why Won't You Make Up Your Mind?
Why Won't They Talk To Me?
The Moment
Elephant
The Less I Know The Better
Daffodils
Eventually
Yes I'm Changing
Alter Ego
Oscilly
It Is Not Meant To Be
Apocalypse Dreams

(Encore)

Feels Like We Only Go Backwards
New Person, Same Old Mistakes

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