29/04/2023

Roger Waters

Unipol Arena, Bologna


Breaking news: Roger Waters per il tribunale amministrativo di Francoforte non è antisemita, e l’artista cercherà di portare il suo concerto nella città tedesca alla fine di maggio. Questa la notizia recitata da uno dei disclaimer che passa sugli schermi al centro dell’Unipol Arena di Bologna, sollevando i primi applausi durante l’attesa dell’inizio dell’ultima tappa italiana del “This Is Not A Drill Tour”. Non è la prima volta (e probabilmente non sarà neanche l’ultima) che l’artista britannico dal carattere fumantino subisce un processo, quasi in analogia con il suo alter-ego Pink, protagonista dell’album “The Wall”, per le sue parole dure e conflittuali, spesso soggette a facili misunderstanding e contraddizioni. Pareri discutibili o meno, il palazzetto si riempie a vista d’occhio per il suo ennesimo sold-out, e gli attendenti hanno tutta l’intenzione di ascoltarne ogni singola sillaba, anziché “andarsene a fanculo al bar”, per citare testualmente un altro messaggio passato sui ledwall, caldo invito indirizzato al fan tipo “amo le canzoni dei Pink Floyd, ma non condivido le idee politiche di Roger”.

 

Hello, is there anybody in there? Il primo blocco dell’esibizione si apre sulla nuova suggestiva e scarna versione di “Comfortably Numb”, avvolta da un’atmosfera oscura e tempestosa, evidenziata dallo scenario in rovina sugli schermi disposti a croce che coprono il palco, immagini cupe dove è facile leggere tra le righe un grave monito per un futuro neanche troppo lontano. Questo primo momento di raccoglimento quasi religioso sfuma tra cori e fulmini, mentre i display si sollevano, scatenando il finimondo alle prime avvisaglie del suono dell’elicottero di “The Happiest Days Of Our Lives”, preludio dell’esplosivo trittico ancora dedicato a “The Wall”, dove Mr. Waters entra finalmente in scena attaccando alla grande, accompagnato da una crew di nove elementi di una bravura che definire mostruosa non rende comunque l’idea. Seconda e terza parte della potente e immortale “Another Brick In The Wall” caricano a dovere il pubblico in vista dell’incalzante guitar riff di “The Powers That Be”, brano tratto dal semi-dimenticato “Radio K.A.O.S.” del 1987, mentre scorrono in video alcuni dei nomi delle vittime della violenza della polizia.

Hey old timer who you gonna kill next? Oggetto della successiva invettiva è la sequela di presidenti americani da Reagan fino a Biden, accusati uno ad uno di aver commesso gravi crimini di guerra, con tanto di focus finale sui “fottuti droni”, presi di mira dall’artista da qui alla fine dello spettacolo (e come dargli torto?), sulle note della “The Bravery Of Being Out Of Range” 2.0 eseguita al piano, inclusa nell’ultimo Ep “The Lockdown Sessions” e appartenente in origine al rinomato “Amused To Death”. L’attenzione rimane incentrata sulla parte di palco riservata al pianoforte, allestita quasi come se fosse l’angolo di un locale, tra un’(apparente) acqua Panna e una bella bottiglia di Madre Mezcal, per i primi saluti di Roger al pubblico e le melodie della nuova “The Bar”, traccia a sostegno dell’avvocato difensore dei diritti umani Steven Donziger, nonché fulcro dei numerosi discorsi dell’artista, in quanto luogo di aggregazione per eccellenza.

 

Roger Waters live

 

And it’s so easy to get lost. Isn’t it? A farsi largo stavolta sono i pensieri legati alla memoria del compianto Syd Barrett e agli anni passati con i Pink Floyd, riavvolgendo il tempo lungo i synth di Robert Walter e i solo granitici ad opera di Dave Kilminster in “Have A Cigar”, e lasciando scorrere un aneddoto personale, uno dei più importanti tra Roger e Syd, relativo alla decisione di fondare una band dopo aver assistito a un live dei Rolling Stones, sullo sfondo della meravigliosa “Wish You Were Here”, cantata praticamente per intero da tutto l’Unipol; così come la successiva “Shine On You Crazy Diamond (Parts VI-VII, V)”, che tocca una delle vette più alte dello spettacolo con i suoi vertiginosi passaggi strumentali.
Il set si conclude con l’attesa pecora volante che volteggia sopra alle teste del pubblico nel parterre durante la gigantesca “Sheep”, esortazione a resistere agli oppressori e a ogni malvagità che imperversa nel mondo, rappresentata metaforicamente in video, tra le altre cose, da degli ovini trasformati in provetti karateki durante il festoso assolo di chitarra finale (il genere di immagine che rimane marchiata a fuoco per giorni, al limite del geniale).

Are there any paranoids in the arena tonight? A seguito della breve pausa si riprende in grande stile con la reboante “In The Flesh?” e i battimani su “Run Like Hell”, altro picco massimo dello spettacolo dal punto di vista musicale, ma anche teatrale, dove Waters torna in scena vestito di pelle parodiando un dittatore, con tanto di mitragliatore imbracciato tra un brano e l’altro, e la presenza del maiale gonfiabile Algie, altra parte incriminatissima per cui il Nostro era finito sotto processo. “Déjà Vu” si apre con un appello alla liberazione del giornalista e fondatore di Wikileaks Julian Assange, incarcerato per aver divulgato prove di crimini di guerra, torture e altri indicibili segreti di stato; per poi invocare il rispetto di tutti i diritti umani.
L’introspettiva e simbolica “Is This The Life We Really Want?” invita nuovamente a reagire e a non rimanere indifferenti dinanzi alle ingiustizie silenziose, fungendo da ponte con l’intero lato B di “The Dark Side Of The Moon”. “Money” e “Us And Them” sono cantate dal chitarrista Jonathan Wilson, e in particolare per quest’ultima i riflettori sono puntati sugli interventi del sassofonista Seamus Blake. Il culmine viene raggiunto con “Brain Damage” ed “Eclipse”, tra giochi di luce e un arcobaleno di volti che formano il logo della copertina dell’intramontabile opera, che quest’anno festeggia il suo cinquantesimo anniversario.

 

We were all equal in the end. Il lungo encore si apre con la solenne “Two Suns In The Sunset”, pezzo conclusivo di “The Final Cut”, la cui scelta apparentemente inconsueta viene spiegata con cura da Roger prima dell’esibizione, ricordando l’incombente minaccia delle armi nucleari, oggi più vicina che mai, e segnalata dal Doomsday Clock, metaforico orologio ideato nel 1947 dagli scienziati della rivista “Bulletin Of The Atomic Scientists” dell'Università di Chicago, che misura la vicinanza alla catastrofe finale per mano dell’uomo.
Tra ringraziamenti agli avventori delle tre date bolognesi e un invito a chi ci governa a utilizzare le proprie risorse per investire sulla sanità, la scuola, il lavoro e le strutture pubbliche, anziché procurarsi armi, è inevitabilmente il nome di Giorgia Meloni a essere tirato in ballo, "invitata al bar" per discorrere di tutto questo, tra le esortazioni dei presenti. Con un bel doppio cicchetto di Mezcal condiviso con la band di supporto, Roger conclude il concerto con una spiegazione della genesi di “The Bar”, ispirata alla “Sad Eyed Lady Of The Lowlands” di Bob Dylan, facendo un’amorevole dedica all’attuale moglie Kamilah Chavis e al fratello maggiore John, scomparso lo scorso anno, e presentando infine uno ad uno i suoi compagni di avventura sui titoli di coda ceduti a “Outside The Wall”.

 

Waters rivoluziona (ancora) l’idea di esperienza-concerto, tra cinema, teatro e politica, portando in scena qualcosa di indimenticabile per chiunque abbia avuto la grande fortuna di assistervi. Impossibile uscirne uguali a prima, senza una grande dose di adrenalina, e soprattutto un miscuglio di emozioni, sbigottimento, riflessioni e ancora infiniti interrogativi. Domande sul presente e sul futuro, sulla necessità di prendere una posizione, su come riuscire a cambiare davvero le cose, se ne esista l’effettiva possibilità, se quella a cui abbiamo assistito sia stata davvero l’ultima data italiana in assoluto di uno degli artisti più carismatici e controversi della storia della musica, il suo ultimo appello urgente e ammonimento nel mezzo di quella che ormai non è più un’esercitazione... Da veramente molto tempo.

The time is gone, the song is over
Thought I'd something more to say…

Setlist

Set 1

Comfortably Numb (Pink Floyd song)
The Happiest Days Of Our Lives (Pink Floyd song)
Another Brick In The Wall, Part 2 (Pink Floyd song)
Another Brick In The Wall, Part 3 (Pink Floyd song)
The Powers That Be
The Bravery Of Being Out Of Range
The Bar
Have A Cigar (Pink Floyd song)
Wish You Were Here (Pink Floyd song)
Shine On You Crazy Diamond (Parts VI-VII, V) (Pink Floyd song)
Sheep (Pink Floyd song)

 

Set 2

In The Flesh (Pink Floyd song)
Run Like Hell (Pink Floyd song)
Déjà Vu
Déjà Vu (Reprise)
Is This The Life We Really Want?
Money (Pink Floyd song)
Us And Them (Pink Floyd song)
Any Colour You Like (Pink Floyd song)
Brain Damage (Pink Floyd song)
Eclipse (Pink Floyd song)

 

Encore

Two Suns In The Sunset (Pink Floyd song)
The Bar (Reprise)
Outside The Wall (Pink Floyd song)

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