25/06/2024

Fontaines Dc

Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, Roma


La “Roman Holiday” dei Fontaines Dc inizia e finisce il 25 giugno e passa per la splendida cornice dell’Auditorium Parco della Musica, in una serata fresca di inizio estate che ci regala un concerto destinato con tutta probabilità a restare impresso nella memoria dei partecipanti.
Il 2024 potrebbe rivelarsi a tutti gli effetti l’annus mirabilis per gli irlandesi; consolidata l’eredità di “Dogrel” e “A Hero’s Death” e il successo su più larga scala di “Skinty Fia”, i cinque di Dublino si presentano oggi non più nelle vesti di next big thing, ma a pieno titolo come una delle band emblema della scena rock/alternative dei nostri tempi. Mettiamoci pure che i singoli anticipatori del quarto album di imminente pubblicazione, “Romance”, hanno già ampiamente confermato lo stato di grazia di Grian Chatten e soci, ed ecco che il tour 2024 diviene il momento ideale per avventurarsi dal vivo nel magico mondo dei Fontaines Dc.

L’attesa e le elevate aspettative sono palpabili; a testimoniarlo è già a colpo d’occhio una Cavea sold-out, riempita fino all’orlo dal parterre agli spalti da un pubblico straordinariamente eterogeneo nell’età.
Poco dopo le 21, senza alcuna intercessione di altri artisti a fare da spalla, il palco inizia a vibrare nella mistica apertura affidata a “Romance”, breve brano strumentale e primo preludio al nuovo disco omonimo, in uscita ad agosto. La potenza dei flash al neon verde a braccetto con i rimbombi di synth travolge e stordisce immediatamente i presenti, con Chatten che sin da subito aizza la folla, quasi a iniziazione di un rito collettivo, che effettivamente si rivelerà tale.
Neanche il tempo di far scemare i volumi dell’opening track, che risuona la doppia rullata di batteria che introduce la hit “Jackie Down The Line”, mandando tutti in visibilio, seguita a ruota dalle progressioni ipnotiche di “Televised Mind”, per la gioia dei fan di più lungo corso.
L’esecuzione ricalca fedelmente la struttura originaria dei brani, senza particolari rivisitazioni, ed è precisa al confine con l’impeccabile, coadiuvata dall’eccellente resa acustica del perimetro architettonico della Cavea.
Il leader si sbraccia e rimbalza da un lato all’altro del palco, riuscendo a bucare - pur nel suo registro vocale basso - il wall of sound ricamato dai suoi colleghi, non tarantolati quanto Grian nei movimenti, ma fautori di un flusso sonoro tanto magmatico quanto etereo, esploso dagli amplificatori Fender e Ampeg disposti in fila in bella vista, con Carlos O'Connell a fungere a tratti da discreto maestro d’orchestra, nel suo alternarsi tra chitarre, sintetizzatori e pianoforti elettrici.

Il set va avanti con l’acclamata “Roman Holiday” e procede a grande intensità nell’entusiasmo generale, tra picchi di pathos e parentesi con l’acceleratore schiacciato, in una scaletta che rappresenta un eccellente saggio dei Fontaines Dc passati, presenti e futuri, mescolando le saette grezze di “Dogrel” (“Chequeless Reckless”, “Big”, la bordata di “Too Real”), le atmosfere più cupe e asfissianti di “A Hero’s Death” (la title track, “I Don’t Belong”, “A Lucid Dream”) e le raffinatezze compositive di “Skinty Fia” (“Big Shot”, “How Cold Love Is” e il ritmo elettronico serrato del brano che dona il titolo all’album).
Dilaga l’apocalisse nel vortice shoegaze di “Nabokov”, a far scorrere brividi sulle schiene delle migliaia di presenti; ci si distende sull’incedere più scanzonato di “Sha Sha Sha”; arriva l’atteso assaggio live del nuovo album, con la commovente “Favourite”, a dipingere atmosfere tra Cure e Smiths.
Il già super-classico “Boys In The Better Land” chiude le danze, nel vero senso della parola, scatenando un vero e proprio putiferio festaiolo nel parterre.
Si rifiata, ma ovviamente non è finita. Non può mancare l’encore, con il pronto rientro sul palcoscenico degli irlandesi. C’è spazio per il groove irresistibile dell’altro nuovo singolo, “Starbuster”, che fa saltare su e giù l’intera platea, e per il saluto finale (stavolta definitivo) sulle note dell’ultimo grande classico del repertorio ancora mancante, la monumentale “I Love You”, sofferta e passionale dedica di Chatten alla sua terra, in cui la performance interpretativa e poetica del cantante dei Fontaines Dc trova il suo zenith, anche dal vivo, dinanzi agli occhi del pubblico romano.

Dopo circa un’ora e mezza dall’inizio (c’è chi sperava in tempi un po’ più estesi), il logo della band si illumina dei colori dell’Irlanda e arriva il momento di andare a casa per un pubblico entusiasta e consapevole di aver assistito a un evento importante: non semplicemente un grande concerto di una grande band, ma il passaggio di un vero e proprio simbolo del panorama musicale odierno.
La data romana si rivela un tripudio, a celebrazione di un gruppo che ci riporta le migliori fascinazioni del nostro passato, ci proietta in un futuro in cui credere, ma è fermamente qui, ad apporre un marchio vistoso sul presente. Essere a Roma (così come - presumibilmente - in qualsiasi altra data del recente tour) è stata un’occasione per sentirsi parte di qualcosa che si sta muovendo e che in qualche modo sta lasciando un segno generazionale (i motivi proviamo a spiegarli nello speciale di approfondimento che trovate in questo approfondimento).
Al di là di tutto, e parlando molto più semplicisticamente, un momento per assistere a un concerto magnifico.

(Foto: Pasqualini/MUSA)