Vagare nervosamente tra gelate piogge notturne, con indosso un impermeabile scuro dal bavero rialzato e dentro un sottile, eppur lancinante dolore, d'Amore, del Sé, del Vivere, lasciando che il freddo invada senza scrupoli il proprio corpo, come per raffreddare insidiosi ribollire lì per esplodere in una dichiarazione di tutto, ma proprio tutto il tormento: "Siberia", l'inverno dei Diaframma.
Lo scenario nel quale l'album viene realizzato, ma prima ancora vissuto, esserne stati trapassati, averlo interiorizzato è una crepuscolare Firenze dei primi anni 80, naturalmente predisposta a essere intaccata da malinconie e inquietudini dark-wave, incarnazione sonora di un'anima decadentemente romantica, sfuggente, tanto cerebrale da essere quasi inconsapevole della propria bellezza.
Sono trascorsi quattro anni dalla morte di Ian Curtis, anima umbratile e tragica dei Joy Division, ma il persistere dei suoi fantasmi riempie le giornate e i malesseri di molti artisti, affascinati da una lirica desolata e da suoni netti, essenziali, glaciali.
Quasi inconsciamente, in una sorta di imprinting ottimamente trasmessi, Federico Fiumani e compagni, riproducono, da grati discepoli, una simile ed elettrica ombrosità.
La title track è una scheggia acuminata e invisibile, che lascia solchi di agitati passi nella neve alla ricerca di uno smarrito senso delle cose, seguita dal flusso accelerato e teso di "Neogrigio", saggio di un piglio lirico sintetico eppur forte, nell'impatto d'ascolto ("...il tuo candore sta svenando i miei giorni, ferendo il bagliore della luce notturna...").
Il basso apre e domina "Amsterdam", alienato e visionario monologo di Miro Sassolini, toccando picchi tanto ermetici, quanto affascinanti ("...nella mia mente ogni cosa sopravvive in silenzio, sento l'attrito di grida esiliate dal mondo, come frammenti pulsanti di vita, voci alterate si sono dissolte..."), fino all'apoteosi del ritornello ("...dove il giorno ferito impazziva di luce...").
La tensione torna a salire, generando stati d'agitazione, quasi da fuga in "Desiderio del nulla", seguita da un'"Amsterdam" con special guest i Litfiba, in cui le chitarre distorcono e il suono si riempie di note terrestri e strumenti bohèmien come la fisamornica, sfondo dell'interagire tra la voce di Sassolini e quella di Pelù.
Come fotogrammi sfocati di una pellicola volutamente bruciata, "Elena" è la canzone d'amore e falso oblio dell'album, con un giro di chitarra melodioso e intenso, e un lirismo tipicamente new wave ("...e il tuo volto ha il colore di un'estate fantasma, che hai lasciato senza fretta cadere come un vestito, in un giorno qualunque...").
L'album, che, nella ristampa del 2001, ospita pregnanti versioni live di "Neogrigio", "Impronte", "Siberia" ed "Elena", nell'edizione originale si chiude con "Ultimo Boulevard", sorta di corto in bianco e nero, incentrato sull'ennesima, tesa introspezione scavata da un basso torvo.
"Siberia" andrà a ricavarsi un'intoccabile nicchia d'ascolto, che si rigenera ogni anno attraverso la capacità di rendere fedelmente i fantasmi decadenti che albergano in ognuno, all'interno di una teca senza tempo, che continua a risplendere di luce propria.
20/10/2013
* Bonus tracks presenti nella ristampa