Gli Indochine sono a oggi l'unica band di lingua francofona con più di dieci milioni di dischi venduti in carriera. Non è un freddo numero da sbandierare, bensì un dato interessante, essendo la cultura francese da sempre legata a doppio filo alla figura dello chansonnier. Le prime band capaci di ottenere riscontri commerciali considerevoli sono emerse solo a fine anni Settanta, incredibilmente in ritardo, rispetto non solo alla scena inglese, ma anche a quella italiana.
A questo si aggiunga una maggiore difficoltà per le band di rimanere sulla cresta dell'onda rispetto a un cantante solista, gli scioglimenti prematuri e le carriere difficilmente più lunghe di una decade, e si comprenderà come mai nella cultura francese venga riservata alla categoria una mitologia alquanto limitata.
È questo che rende gli Indochine tanto significativi: hanno sfidato una condizione sfavorevole riuscendo a imporsi e a diventare una delle icone degli anni Ottanta. Sono poi sopravvissuti a un decennio - i Novanta - in cui tutto sembrava andare storto e che avrebbe portato il grosso dei loro colleghi a gettare la spugna, sono quindi tornati alla ribalta nel 2002, rimanendoci fino a oggi. Sempre proponendo un pop rock elegante e creativo, al passo coi tempi, attraversandone i mutamenti stilistici e accettandone le sfide senza mai adagiarsi sugli allori.
La nascita degli Indochine ha una dinamica estremamente veloce. Il chitarrista Dominique Nicolas e il cantante Nicola Sirkis si conoscono nel dicembre del 1980, quando entrano nelle fila degli Espions, rock band parigina destinata a sciogliersi senza lasciare traccia. La loro permanenza nella formazione è molto breve, perché nessuno dei due si trova a proprio agio. Decidono così di distaccarsene e dare vita a un nuovo progetto. Presto il sassofonista Dimitri Bodiansky, conosciuto tramite un'amica comune, si aggiunge al duo.
La neonata band, attenta ai suoni che provengono dalla Gran Bretagna, comincia a scrivere brani dai ritmi briosi, impostati su strutture semplici e ripetitive. Il 29 settembre arriva il debutto dal vivo al Rose Bonbon, locale di culto per la new wave locale, in cui militarono anche Taxi Girl, Suicide Romeo e Artefact. Gli Indochine avevano però un'arma in più: il leader carismatico. Sfoggiando abiti demodé con evidenti rimandi alle uniformi dei regimi anni Trenta, una capigliatura eccessiva, ma soprattutto una voce nervosa e potente, capace di mettere in risalto melodie ancora scheletriche, Nicola colpisce il giovane produttore Didier Guinochet.
Da lì al contratto con una succursale della Bmg è un passo. La partenza è con il botto, grazie a "L'aventurier" (1982), title track dell'album di debutto e uno dei brani più noti della new wave europea. L'album "Le péril jaune" (1983) perfeziona e rifinisce il sound, pur con minore fortuna a livello commerciale. Per un maggiore approfondimento di questi primi, fondamentali passi, si rimanda alla lettura della monografia dedicata agli Indochine sulle pagine di OndaRock.
Si giunge così alla terza prova in studio, che segnerà la loro consacrazione. Il quartetto decide di rilassare un po' i toni, rispetto ai brani spigolosi e reiterativi sfornati in precedenza: ne esce così un disco variegato, che non rinuncia al dinamismo e alla vitalità, ma mostra una band maggiormente capace di giocare con le sfumature. La raggiunta maturità è certificata anche dalla vastità delle tematiche trattate.
Ispirata dalla copertina di "Horses" di Patti Smith, "3e sexe" è un inno alla diversità e alla tolleranza, in tempi in cui l'argomento non era affatto all'ordine del giorno, perlomeno in Francia: "E si prendono per mano, un ragazza al maschile, un ragazzo al femminile [...] Il grande shock per i più viziosi, è quasi una caccia alle streghe".
Il brano risulterà nell'immediato un'arma a doppio taglio: gli adolescenti ne ameranno il messaggio di libertà, ma i media ne criticheranno fortemente i contenuti, accusando a più riprese la band di propagandare l'omosessualità. Il tempo gli ha per fortuna reso giustizia e oggi "3e sexe" è un punto fermo del rock francese, apprezzato trasversalmente per la sua lungimiranza. La base sfoggia chitarre jangle, tastiere d'atmosfera, linee di basso divise fra sintetizzatore e fretless, stratificazioni percussive a cura del turnista Arnaud Devos, e pulsazioni di sax a rinforzare il ritornello.
Meglio ancora fa "Canary Bay", che sfrutta suoni simili e ci aggiunge un intermezzo di campionamenti vocali dal sapore sinfonico. L'andamento militaresco di "Monte Cristo" apporta alla palette una buona dose di epicità, che trova conferma in "A l'assaut", fra vortici di chitarra acustica e ritornello arioso scandito da sax e scintille sintetiche.
Buttando un occhio al celebre romanzo erotico di Marguerite Duras, "L'amante", "Trois nuits par semaine" sorge da celestiali fluttuazioni elettroniche e, fra variazioni melodiche e chitarre tenui come una piuma, mantiene il tono incorporeo per tutta la durata, coda in particolare. L'apice romantico si tocca però nel finale, con "Tes yeux noir", riflessione sull'abbandono della persona amata, che si dispiega fra ritmi soffusi, chitarre espanse, toccanti melodie di sax e tastiere che imitano un manto orchestrale.
Il successo è enorme, l'album raggiunge il numero 2 in classifica, rimane fra i primi venti per un anno, e vende 950mila copie sul mercato francofono. Un singolo che contiene dei remix di "3e sexe" e "Trois nuits par semaine" finisce al numero 3 e tocca le 600mila copie. Anche una versione alternativa di "Tes yeux noir" viene pubblicata come singolo, ma pur fermandosi al numero 8 vince la sua battaglia in televisione grazie al videoclip diretto da Serge Gainsbourg, destinato a segnare la memoria di una generazione. Il maestro vi si concede un cameo, a fianco degli allievi più degni che potesse desiderare.
Nella colonna di destra in questa rubrica, sotto la tracklist, OndaRock è solita pubblicare i videoclip delle canzoni tratte dagli album. In questa occasione si è scelto di non farlo, perché i video di "3e sexe", "Trois nuits par semaine" e "Tes yeux noir" contengono, come appena spiegato, versioni che non corrispondono a quelle dell'album. Non degli accorciamenti per la radio, ma dei completi ripensamenti dei brani. Quelle versioni sono rintracciabili, per chi volesse ascoltarle, nell'antologia "Le Birthday Album 1981-1991". Sono tuttavia preferibili le rese dell'album, con i loro timbri epici e le dinamiche d'ampio respiro, che le impongono fra i capolavori della new wave, francofona e non.
Pur con Nicola Sirkis come unica presenza fissa, la carriera degli Indochine va avanti ancora oggi, inarrestabile: l'album del 2017, "13", è stato recentemente certificato disco di diamante in Francia per aver superato il mezzo milione di copie (il fatto ancora più impressionante: quasi tutte fisiche, fra Cd e vinili).
Il 25 giugno 2020 è invece uscito il nuovo singolo, "Nos célébrations": il prossimo dicembre saranno non a caso passati quarant'anni esatti dall'incontro fra Sirkis e Nicolas, che segnò la nascita della band.
29/06/2020