Stranglers

The Raven

1979 (United Artists)
new wave

È il 1975 quando Hugh Cornwell, Jean Jacques Burnel, Jet Black e Dave Greenfield formano, dalle ceneri dei Johnny Six, gli Stranglers, che sempre nello stesso anno faranno da spalla alla regina della new wave, Patti Smith, durante il suo tour inglese.

È proprio grazie a questa serie concerti che i quattro si fanno notare. Per il loro esordio su vinile bisogna aspettare però il 1977, quando esce "Rattus Norvegicus". L'attesa di questo album da parte del pubblico viene sottolineata dalla sua entrata nella Top 5 inglese. Il loro è un punk atipico, che cerca di uscire dai dogmi degli accordi elementari e della sobrietà strumentale, puntando soprattutto sulle tastiere.

Trascinati da questo inaspettato successo, Cornwell e soci ci riprovano nello stesso anno con "No More Heroes". Un album che prosegue nella strada intrapresa con "Rattus Norvegicus", ma fa balenare le prime avvisaglie di insuccesso. La band capisce che occorre cambiare qualcosa, e nel 1978 opta per nuove soluzioni con "Black & White", mescolando le sonorità punk e le tastiere doorsiane presenti nei primi due album con un più marcato ricorso all'elettronica. Il risultato è un sound molto innovativo, ma ancora acerbo e discontinuo. Il pubblico, nel frattempo, si è ulteriormente allontanato, nonostante alcune scelte pubblicitarie della band volte a scandalizzarlo.

Finalmente gli Stranglers capiscono che le classifiche non fanno per loro, e nel 1979 scelgono decisamente la via della sperimentazione con "The Raven", il loro quarto disco. La copertina, con un inquietante corvo nero che sembra uscito direttamente da un romanzo di Edgar Allan Poe, lascia già intuire le atmosfere che si respireranno nell'album. Un album oscuro e inquietante: c'è il punk, c'è la new wave, ci sono ancora le tastiere d'ascendenza doorsiana, ma è presente, in dosi massicce, anche l'elettronica già sperimentata, seppur in modo molto più superficiale, in "Black & White".

"The Raven" è una sequenza incredibile di capolavori che difficilmente gli Stranglers riusciranno a ripetere nei lavori successivi. L'album parte sfrenato sulle note di "Longships". La title track "The Raven" sfodera un cantato-recitato glaciale sullo sfondo di synth e chitarre. E poi arriva la danza caotica di "Dead Loss Angeles", a far da preludio alle atmosfere horror di "Ice". E se "Baroque Bordello" gioca su un coro spettrale e su una sezione ritmica pulsante, "Nuclear Device" è forse il manifesto finale della loro elettronica glaciale e robotica.

Ascoltando la seconda parte dell'album, si ha la senzazione di passare dal sogno a incubo, dal synth-pop suadente e rarefatto di "Duchess" (l'hit del disco) all'elettronica terrorizzante di "Meninblack", che scaraventa l'ascoltatore in un clima d'angoscia infernale. La voce alienata di Cornwell, modificata attraverso il ricorso ad alcuni filtri, si fa addirittura sconvolgente quando pronuncia la frase: "Healthy livestock so we can eat, Human flesh is porky meat, hee hee hee". Cannibalismo. Ma in realtà quello che fa gelare il sangue è la risata schizofrenica dell'alieno Cornwell: "Hee hee hee".

Dopo "Meninblack", sarebbe meglio calmarsi, magari guardare un film comico e soprattutto convincersi che gli alieni non esistono o che comunque sono lontani da noi. Ma c'è ancora il tempo per "Genetix", e dopo questi pochi minuti tutto tace: l'incubo è finito.

"The Raven" è la massima vetta raggiunta dagli Stranglers e una delle più audaci imprese della new wave d'oltremanica. Dopo questo album la band inglese si lascerà travolgere dalle melodie pop, ma senza mai affondare nella banalità e nel grigiore. La critica, forse ancora spaventata da "Meninblack", farà finta che "The Raven" non sia esistito. Ma forse è proprio così: questo capolavoro non è mai esistito, è solo un sogno, anzi un'allucinazione a base di tastiere ed elettronica.

12/11/2006

Tracklist

  1. Longships
  2. The Raven
  3. Dead Loss Angeles
  4. Ice
  5. Baroque Bordello
  6. Nuclear Device
  7. Shah Shah A Go Go
  8. Don't Bring Harry
  9. Duchess
  10. Meninblack
  11. Genetix