Xtc

Skylarking

1986 (Virgin)
pop

E' una teoria di folgorazioni (beat, psych, prog, new wave, punk), quello che porta Andy Partridge (chitarra e voce), Colin Moulding (basso e voce), Terry Chambers (batteria) e Barry Andrews (tastiere) a fondare gli XTC. E' il 1976, e siamo a Swindon, Inghilterra: tempo due anni ed escono lo scalpitante "White Music" e l'irrequieto "GO2". Il meccanismo però sembra non ingranare, e Andrews abbandona. Lo rimpiazzerà il versatile chitarrista Dave Gregory: è la svolta, la quadratura del suono. Di lì a poco arriverà lo schizofrenico e strabiliante "Drums And Wires" (1979). In seguito realizzano dischi strepitosi come "The Black Sea" (1980) o "English Settlement" (1982) e non raccolgono che briciole di gloria.

La fama di meravigliosi perdenti di talento comincia a consolidarsi. Poi, quando le cose iniziano a girare per il meglio, ecco la fobia da palcoscenico di Partridge a rendere impossibili tournée e promozioni. E così arriviamo al 1986, quando - persa per strada la batteria di Chambers (che non sarà mai sostituito stabilmente) - decidono di affidarsi al "mago" producer Todd Rundgren per la realizzazione di "Skylarking". Saggia decisione? Macché. Una tragedia. Una iattura. A sentire gli acidi commenti di Partridge, dietro a ogni traccia si cela un compromesso, in ogni suono il fantasma dell'intuizione originaria, la stessa tracklist pare sia dovuta passare per tali alterchi e divergenze da uscirne malconcia e mutilata. E c’è da crederci, così come c’è da credere che anche nel rock, a volte, possano accadere miracoli: ogni volta che metto questo disco nel lettore, infatti, nemmeno l’ombra di tanta tribolazione - anzi! - il meccanismo mi sembra magia, l'incanto si ripete soave, l'architettura pop frizza duttile e perfetta.

"Summers Cauldron", ad esempio, sembra stata concepita, realizzata e posizionata in apertura di scaletta per adempiere a precise funzioni ambientali: l'impalpabile cicaleggio iniziale, immerso in quella crema elettronica che tutto abbraccia, esige come un'atmosfera densa e rallentata, pur tra i pungolamenti della chitarra cristallina e le carezze di quel coro meravigliosamente beachboysiano… Il trapasso in "Grass" avviene senza soluzione di continuità, ed è come tuffarsi in un prato di soffici percussioni, all’ombra tenera degli archi in fiore (carezzati da un venticello orientale), in una festa sensuale e avvolgente di colori, con la compagnia degli odori, umori e ormoni del caso. Appena più aggressivo è invece il piglio di "The Meeting Place", che introduce uno strano bestiario di effetti laterale, ma siamo pur sempre in una terra di mezzo tra il McCartney più giocoso e il Brian Wilson più malinconico (o viceversa), trainati da un alternarsi felpato di piano e sintetizzatore che proclama Dave Gregory gran cerimoniere della situazione.

Il pop frizzante di "That's Really Super, Supergirl" rischierebbe di passare inosservato se non fosse che — guarda un po' — non ha un pezzo né un pezzettino fuori posto: chitarre e tastiere scivolano sui pensieri come guizzi d'argento o riflessi di sole, i vocalizzi di Mr. Partridge sono spigolature accorate, mentre una prurigine di tastiere germoglia tra pennate pungenti e percussioni briose. "Ballet For A Rainy Day" è invece un frutto spurio dai tanti sapori, basso e piano sugli scudi, con quella dominanza swing aperta alle più struggenti escursioni melodiche e la benedizione di un Bridge straordinario (roba da costruirci una canzone tutta intera). E proprio all'anomalia "estrema" della pop-song alta, con il pensiero e il cuore rivolto a Yesterday, guarda il tepore febbricitante di "1000 Umbrellas", pazzesco r'n'b per archi e voce, tanto sprezzante nei versi quanto lirico nel chorus: basta sentire come vibrano e lacrimano e sghignazzano e ammiccano quelle corde per convincerci che si tratta — sotto tutti gli aspetti — di un capolavoro.

Il cuore del disco è affidato a un trittico portentoso: "Season Cycle" (umorale, umoristica e swingata, con un backing vocals che estasierebbe i migliori Crosby Stills Nash & Young), "Earn Enough For Us" (un riffare più spesso e crepitante che anticipa in qualche modo la svolta dei Rem di lì a poco) e l'esplosione lisergica di "Big Day" (non fosse che per lo svolazzare argentino delle sei corde, o per l'incedere nebbioso della linea melodica, replicherei l'ascolto fino a struggermi nella più intrigante delle dolcezze).

Segue la new wave di ritorno di "Another Satellite", che ridisegna le inquietanti traiettorie di Wire e Joy Division nell'ottica di una visionarietà cangiante e lieta (quello stillare di vibrafono, quel basso pigro, l'incresparsi rigoglioso del synth…). E poi c’è "Marmaid Smiled", delirio caparbio e versicolore, gagliardo innesto tribal-jazz su vibrante fusto pop, l'arrotarsi inesauribile di genio e misura, ottoni (finti), vibrafono (finto?), il basso (cazzutissimo) e una batteria in punta di bacchetta (non l'ho ancora detto, è Prairie Prince) attorno alla duttilità prodigiosa del canto.

Rimaniamo nei paraggi di un certo jazz (quello irrequieto, levigato e fumoso caro a Joe Jackson) con la successiva "The Man Who Sailed Around His Soul" (legni in evidenza, percussioni insidiose, piano letterario, chitarra stellare), mentre "Dying" è una ballata sghemba che recita la sua amarezza inquieta senza rinunciare ai segni e ai timbri della magia (il caracollare fibroso della ritmica - come un meccanismo inceppato - e la vaporosa stratificazione del canto di Moulding).

Chiude il disco il valzer incantato di "Sacrificial Bonfire", ancora miele per timpani insoddisfatti, la tenera spirale delle corde, quella voce arresa alla malinconia, un vibrare caldo di pelli tese, il rosseggiare nostalgico degli archi sulle tracce invisibili di un cuore nudo: il nostro, finalmente.

14/11/2006

Tracklist

  1. Summers Cauldron
  2. Grass
  3. The Meeting Place
  4. Thats Really Super Supergirl
  5. Ballet For A Rainy Day
  6. 1000 Umbrellas
  7. Season Cycle
  8. Earn Enough For Life
  9. Big Day
  10. Another Satellite
  11. Mermaid Smiled *
  12. Man Who Sailed Around His Soul
  13. Dying
  14. Sacrificial Bonfire
* Sul mercato statunitense è stata sostituita da "Dear God" pochi mesi dopo l'uscita. A partire dal 2001 tutte le edizioni contengono entrambi i brani

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