Frank Zappa

Hot Rats

1969 (Bizarre)
rock

Egocentrico, anarchico, folle, bizzarro, geniale: Frank Zappa è questo e molto di più. Un personaggio sempre sopra le righe, un artista che non si è mai piegato al "sistema", e che fino a quando la morte non lo ha portato via, ha avuto il coraggio e la sfrontatezza di sputare tutto il suo essere su di una società troppo borghese e perbenista per poterlo comprendere.

Dopo una lunga carriera contraddistinta da una moltitudine di cambiamenti, nessuno con precisione potrà dire o sapere quale fosse il vero volto artistico di Frank Zappa: l'ironia e il suo essere sardonico lo hanno contraddistinto come autore singolare, amabile o disprezzabile in ugual misura. Musicalmente ha spaziato per tutti i generi musicali esistenti, riuscendo proprio in questo contesto a creare un sound tipicamente "zappiano" che ha fatto scuola. Lo sfavillante album d'esordio "Freak Out!" lo catapultò come una bomba ad orologeria nel mondo del rock. Era il 1966 e Zappa era l'imperatore del mondo freak. Le "stupid songs", definite così da lui stesso, non sono altro che mezzi attraverso le quali riempire di stilettate velenose tutto il bigottismo imperante e l'ipocrisia di una cultura, canzoni "stupide" per trasformare politici in buffe e grottesche caricature da fumetto; canzoni "stupide", volutamente superficiali nei temi e nelle liriche, proprio per dar forza ancora e di più all'incedere storpiato e ridicolo di quei personaggi di cui Zappa amava tanto prendersi gioco.

Le Mothers Of Invention sono i degni sudditi di Zappa nel primo periodo, fulgido e geniale, della sua carriera: lo aiutano a trascrivere in musica i propri sberleffi, con trame musicali complesse e colorate di infinite sfumature. Quindi, nel 1969, Zappa rimescola la sua formazione e dà vita agli Hot Rats, mettendo insieme Captain Beefheart, i violinisti Ponty e Don "Sugar Cane" Harris, Underwood, e un'imponente sezione ritmica.

L'omonimo album "Hot Rats" inizia in modo fantasmagorico con "Peaches En Regalia", una piccola suite, splendida negli arrangiamenti e nell'orchestrazione. È un intreccio di trame in cui i fiati, le tastiere, la chitarra e il pianoforte duettano reciprocamente, creando a loro personalissimo modo un impasto sonoro dalle molteplici personalità che riescono a interagire con coerente armonia. Sublime sinfonismo in un brano senza età, dunque, che anche a distanza di anni riesce a resistere all'usura del tempo mantenendo inalterato il proprio avvolgente fascino.

Alla vena sardonica di Captain Beefheart, antico amico/nemico di Zappa, è affidata "Willie The Pimp", l'unica canzone ad avere una piccola ma significativa partitura scritta. È un cantato gutturale e graffiante al tempo stesso, quasi da orco, che ci accompagna nel cuore stesso della canzone; un totale trip chitarristico in versione sperimentale. Il Frank Zappa chitarrista si avventura in un terreno minato per complessità di melodie e di esecuzione, disegna la melodia base, per poi allontanarsi da questa in completa improvvisazione. Sono parti chitarristiche, in cui viene privilegiata l'effettistica - la distorsione, il wah wah - il ritmo, poi, è incalzante e non dà tregua al primattore: sembra quasi che da un momento all'altro Zappa stia per collassare, quando invece riesce a riprendere la melodia di base in maniera imperiosa, una melodia originale che è coadiuvata dal violino supremo di "Sugar Cane" Harris. Menzioni speciali anche per la "macchina" ritmica, affidata al basso di Max Bennett, e per le percussioni di John Guerin, ambedue ottimi nel macinare tempi con potente precisione al punto da rendere il brano incandescentemente trascinante.

"Son Of Mr. Green Genes" parte con un'imperiosa introduzione, affidata alle tastiere e ai fiati, grazie ai quali gli Hot Rats riescono a disegnare raffinati ceselli barocchi, proiettandoci in un mondo lontano e irraggiungibile; la melodia viene ripetuta a rotazione per qualche minuto fino a che improvvisamente avviene il primo di molteplici stacchi, che ci catapulta in un crescendo di tensione: un clima totalmente diverso da quello in cui la canzone si era presentata all'origine. La particolarità di questo stacco è che introduce una "entrata" chitarristica tra le più spettacolari di tutta la musica moderna: i primi 30 secondi sono da antologia, e ci presentano uno Zappa coinvolto e incisivo che riesce a dare un'anima al suono del proprio strumento e lo stravolge in maniera celestiale, creando uno stupefacente connubio in perfetta simbiosi fra brutalità e armonia. Il brano cambia umore a ripetizione, reinventandosi repentinamente sotto molteplici vesti; è una jam in studio, e la parte centrale di questa è pure teatro di un favoloso inserimento a base di sax contappuntato ad opera di Ian Underwood, che riesce prima a sorreggere la melodia principale, con accordi ripetuti e incalzanti, poi a duellare con la chitarra estrema di Zappa. Sax e chitarra elettrica all'unisono: raramente nel rock tale singolare connubio ha raggiunto vertici così elevati.

"Little Umbrellas", invece, conduce verso atmosfere più marcatamente jazzate, in cui la parte principale è appannaggio di un lavoro di "rilegatura" fra i vari strumenti ad opera di tastiere a organo, che creano una sonorità sinistra, quasi da marcia funebre. Importante e fondamentale è poi il ricamo melodico di certi strumenti a fiato, come il flauto, ad esempio, che timidamente, ma con garbo, spunta fuori fra le pieghe del brano stesso. Si prosegue con "The Gumbo Variations": il pulsante riff bassistico introduttivo di Max Bennett fa da preludio all'arrivo di un sax avventuroso, ai confini della più totale rottura di suono. Underwood è magistrale in questo suo solismo in pura chiave jazz: è un esercizio di stile senza confini e barriere. Il brano prosegue supportato da una ritmica traboccante di tempi dispari, e Zappa in sottofondo si produce in un lavoro oscuro d'impostazione ritmica, fino a che, in una totale esplosione orgiastica di suoni, prende il sopravvento il violino di "Sugar Cane" Harris, che si produce in un solo allucinato e geniale, riuscendo a strappare dal cuore del proprio strumento sibili e suoni mai uditi prima da un violino. Il violino cede il passo al solismo ruvido di Zappa e a quello tecnico di Paul Humphrey, per poi concludere il tutto in una esplosione d'avanguardismo jazzato fra i più esasperati. Il jazz levigato e morbido non abita qui. Qui regna la vena più ulcerosa e torrida, che vola oltre tutti gli schemi, spaziando in lungo e in largo verso maratone improvvisative-sperimentali.

Il clima si fa più rilassato nella conclusiva "It Must Be A Camel": i rutilanti tempi dispari delle percussioni creano i presupposti per un canto corale fra il sax e il piano in sottofondo. La brutalità che ha contraddistinto episodi importanti dell'album lascia il passo a un raffinato suono d'insieme, dominato a metà brano da un solismo di Zappa che si distende verso sonorità più pacate, salvo poi sorprenderci in esplosioni elettriche fulminanti e repentine.

14/11/2006

Tracklist

  1. Peaches En Regalia
  2. Willie The Pimp
  3. Son Of Mr. Green Genes
  4. Little Umbrellas
  5. The Gumbo Variations
  6. It Must Be A Camel