The borders are only lines in the sand
The borders are divided by land
And invented by men
The birds all fly high in the sky
But the birds have never heard
About Europe, about you
About Europe
Nata nel mezzo degli anni Ottanta a Stoccolma, Molly Nilsson intraprenderà un percorso in cui personale e artistico resteranno incredibilmente intrecciati. Ma non solo. Il privato che trapela non è né divismo di sorta né il narrarsi autoreferenziale tipico di buona parte delle produzioni mainstream quanto di quelle indipendenti. Il personale che traspira nell'opera della svedese è quanto di più ordinario, connettibile e sincero si possa trovare sulla piazza. Ma le composizioni di Molly non si fermano solo a questo, a un'illusione di esperienza restituita in modo trasparente e concluso. Le sue vignette sono sempre rivestite da un'aura onirica, fumosa, talvolta tramortita, essenzializzata da un outfit perennemente nero pece, coronato da un volto glaciale in biondo platino, eppure mai distaccato e, anzi, facilmente attraversato da emozioni e insicurezze, che si sciolgono nel fare confidenziale e casual dei suoi numerosi live. Ed è questa, fondamentalmente, la differenza con personaggi quali Lana Del Rey, a cui è stata sovente accostata come “la risposta europea e underground”, vuoi per vicinanze anagrafiche o per gli sporadici strascichi “dreamy” della loro musica. Laddove cantautrici come la Grant elaborano su una idea di esperienza, per quanto storicamente generata, la Nilsson non fa altro che pescare dalla sua biografia più ordinaria per chiudere le sue vaporose miniature, in un raro esercizio in cui il quotidiano diventa mito, senza pretese e senza virtuosismi.
Di quale ordinario si parla, quindi, tra un synth cadaverico e una spazzolata in eco? Il nomadismo un po' romanzato un po' obbligato dalla precarietà tardo-capitalista. L'essere squattrinata in metropoli gentrificanti. I party sul balcone con tabacco sfuso e vino del discount. L'Europa come l'unità di riferimento del concetto di casa. L'esperienza fotografata da Molly Nilsson non è universale ma estremamente contingente, attraente e identificabile da chiunque sia nato, approssimativamente, tra gli Ottanta e i Novanta. Eppure il carattere confessionale, intimamente naive delle sue liriche, l'estetica senza tempo emanata dalle produzioni immancabilmente lo-fi amalgamate da rimandi spudoratamente eighties espandono il fascino della svedese a chiunque risuoni con queste, melanconicissime, frequenze.
Per quanto ancorata per più aspetti nel presente, è proprio a un punto imprecisato degli anni Ottanta che la musica di Molly Nilsson rimanda in continuazione. Come se, seguendo il filo autobiografico rilasciato in modo non-lineare tra i solchi della sua discografia, la composizione energetica marcata dall'anno di nascita fosse un elemento ricorrente e ineluttabile, nonostante le molteplici trasformazioni spazio-temporali. Cyndi Lauper, Saada Bonaire, Propaganda, Siouxsie, ma anche Cosey Fanni Tutti, The Space Lady, Anne Clark, Nine Circles e Jane Hudson emergono a intermittenza, trasfigurati e rimescolati, al punto da renderli irriconoscibili individualmente ma captabili in un umore tanto vago quanto specifico. È una retro-proiezione patinata, quindi, che è tanto riproduzione quanto apparizione spettrale e spontanea. Come tale, si rigenera in mini-scene in apparenza simili ma al tempo stesso dalle configurazioni potenzialmente infinite. L'esordio su disco della svedese avviene poco dopo il suo trasloco a Berlino.
Is the future any brighter?
Is the darkness any lighter in Europe?
I met Joy in London, she used to love to sing
But now she's not singing about anything
"Gotta work to make your way
Better work if you wanna stay"
So now she's working for you, for Europe
La capitale tedesca è nei primi anni Duemila una calamita senza paragoni per artisti di ogni estrazione. Quella che era nota nei decenni precedenti come la Mecca delle avanguardie elettroniche, dall'estetica kraut alla techno, si era nel frattempo trasmutata in contenitore apparentemente senza fondo per scene di architettura, design, arte visuale e, ça va sans dire, filoni musicali di ogni genere, animato da menti migrate da ogni dove. Complice, come ricorderà spesso la svedese, il clima di apertura e di indulgenza della città, un complesso di situazioni e mentalità che è sempre “clemente con te, anche qualora dovessi fallire”. Un'atmosfera differente, per la Nilsson, dalla più intransigente e periferica Stoccolma. In maniera più prosaica, inoltre, Berlino consentiva semplicemente di poter iniziare un qualcosa dal nulla, alla portata economica di tutti. Questo, almeno, fino all'impennata speculativa del decennio Dieci.
È in questo clima che, in modo quasi casuale, Molly finisce per chiudere quello che diviene il suo primo album. These Things Take Time (2008) è il titolo che allude, alternativamente, tanto alla gestazione delle tracce, composte e registrate in un lasso di tempo di diversi anni, mentre svolgeva un lavoro d'ufficio ai piani più bassi di una corporazione, quanto al recupero emotivo necessariamente lungo in seguito a un trauma, che sia psicologico o sentimentale.
Vige un'atmosfera quasi funerea, infatti, tra le canzoni dell'album, al punto che molti si precipiteranno a incasellare prematuramente la Nilsson come un personaggio “dark”, nel senso più primigenio ed, ehm, eighties, del termine. Interamente auto-composto e autoprodotto in casa su un'unica tastiera da pochi euro collegata al computer, These Things Take Time introduce quelle che saranno le coordinate stilistiche di tutti gli album a venire della Nilsson, ma è dotato al tempo stesso di un carattere e un'intensità specifici anche all'interno della sua discografia. Le sue tredici composizioni, infatti, sono tra le più spoglie e scarnificate anche per gli standard minimal ed essenziali delle produzioni successive.
“The Lonely” apre il lotto senza troppi salamelecchi, con una mesta filastrocca sinteticha in loop e una ritmicha sporca quasi impercettibile, su cui si inserisce, ugualmente sommesso, il racconto raggelato della Nilsson. Per quanto il tono generale si innesta immediatamente su quel sentore Ottanta accennato sopra, il colore della voce e delle liriche della svedese richiama una solennità quasi da Nico. Quello con la compianta cantautrice tedesca sarà un paragone che le verrà esposto varie volte, suo malgrado, dal momento che Molly non considererà mai la musa Velvet Underground come un punto di riferimento né un tipo di cantautorato particolarmente caldeggiato. Il contenuto lirico introspettivo e desolato di brani come “8000 Days”, tuttavia, non può non riportare alla mente i funesti madrigali della cantautrice di Colonia, snelliti in un formato ancora più letargico, inerte e patinato.
Le performance vocali della Nilsson scorrono come intrappolate a metà tra uno stato sedato o post-acido e una condizione emotiva implosa. Si inseriscono in maniera sempre diretta e procedono senza particolari variazioni cromatiche su una modulazione in apparenza desensibilizzata, apparentemente più in sintonia con una performer synth-pop di prima forgia che non con un cantautorato di confessione. Una qualità, questa, timbro dell'estetica vocale generale della Nilsson, ma ancora più pronunciata tra le tracce di These Things Take Time. Ma squisite ballad pseudo-pianistiche come “Whiskey Sour”, le osservazioni psicanalitiche appartate in metro come “Joyride” e, soprattutto, la commovente serenata notturna di “Hey Moon”, brano che resterà tra i suoi più noti di sempre, non fanno che rammentarci che Molly Nilsson è esattamente un personaggio a metà tra i due modi di sentire, tra gelida entropia synth e il cantautorato più caldo, insicuro e vulnerabile.
Nonostante l'ottima resa sul formato ballata essenziale, sono le tracce di impronta più ritmica – per quanto sempre nuda e minimalissima – che detteranno lo stile più riconoscibile e, in seguito, più arioso della musica di Molly Nilsson. Tracce che sono pur sempre di ottima fattura, dall'ubriaca “(Won't Somebody) Take Me Out Tonight”, che nella sua gotica naiveté concilia in un siparietto di tre minuti Annie Anxiety e Madonna, all'abbozzato bubblegum di “We've Never Coming Home”, quasi una reprise della precedente.
Pubblicato sull'auto-fondata Dark Skies Association – label su cui usciranno tutte le sue produzioni – These Things Take Time cristallizza un personaggio tanto oscuro quanto immediatamente classico, che raccoglierà un seguito e un culto notevoli per un'artista venuta alla ribalta da sé, senza sponsor e senza merchandising di alcun tipo. L'album raccoglie un consenso crescente nei mesi successivi alla pubblicazione, comparendo in una congiunzione fortunata per le produzioni lo-fi, tanto che i più la inseriranno un po' sommariamente in quel filone hypnagogico particolarmente modaiolo sul finire del decennio tra Ariel Pink e Hype Williams. A contribuire al suo incasellamento all'ombra dei nomi di punta del revival in bassa fedeltà, è anche l'endorsement di John Maus, artista che sarà anche l'unico nome con cui collaborerà più avanti l'altrimenti sempre solitaria svedese, e anche, in retrospettiva, il personaggio più vicino nel suono e nell'umore agli intenti della Nilsson. Due anni dopo lo stesso Maus farà addirittura una cover/duetto di “Hey Moon”, nell'acclamato “We Must Become...”, pubblicazione che sarà, per molti, il primo incontro con il nome di Molly Nilsson.
La cantautrice inizia un periodo molto prolifico, al ritmo di un album all'anno. Il suo nome è a malapena iniziato a circolare che nel 2009 rilascia il secondo album, Europa. Il disco cementa l'estetica della svedese, ma inizia anche un processo di maturazione nel sound, che verrà completato un paio di album più avanti. Più contenuto nella durata rispetto al debutto, Europa mantiene l'impianto minimal synth, ribadito dalla bella apertura di “In The Mood For A Tattoo”, ma estende il suo raggio, per quanto ancora timidamente, su sentori più orecchiabili e vagamente “pop”. Sono le tre tracce centrali a spiccare su tutte. “When I Have No Words” sfodera un beat nostalgico quasi ballabile, “Berlin, Berlin” è una dedica semi-liturgica alla città mitteleuropea, perno di quell'Europa figurata nel titolo, che sfocia, guarda caso, nella più sorniona e ariosa title track, un poema cosmopolita al vecchio continente, accompagnato da un videoclip (anch'esso, ovviamente, in lo-fi) girato in un porto del mar Baltico. Il resto dell'album non mantiene però le potenzialità schizzate su questi brani e scivola via, per quanto sempre piacevole, su tracce decisamente meno a fuoco e memorabili.
Passano solo pochi mesi e arriva il seguente Follow The Light (2010). Come il titolo lascia presagire, Molly Nilsson sembra proseguire delicatamente in una direzione compositiva ed estetica più aperta, scrollandosi di dosso l'etichetta troppo stretta di dark lady del sintetico. Per quanto non troppo dissimile da quello dei lavori precedenti, il contenuto lirico si fa progressivamente più variegato e traspare finanche un certo livello di umorismo nero. Ancora più cruciale sarà il coinvolgimento della svedese nelle sue attività live, che comincerà a trapelare anche nell'apparato lirico. A partire da Follow The Light, infatti, il nome della Nilsson lo si inizierà a ritrovare, letteralmente, ovunque. I suoi diventano tra i tour più fitti del periodo, con date a cadenza praticamente giornaliera, principalmente nel continente, suo riferimento e palco, ma ben presto arriverà ad esibirsi nelle Americhe, in Asia e in Australia. Un risultato quantomeno bizzarro per un'autrice decisamente introversa e di nicchia. Ma ben presto i suoi concerti cominciano a calibrarsi sul formato a lei più congeniale: venue piccole e fumose, spesso in città diverse dalle capitali più navigate dal business dei concerti, palchi ad altezza audience. Molly si esibisce puntualmente in nero, “per cercare di scomparire il più possibile”, come commenterà con ironia in alcune interviste, interagisce con il pubblico, manda giù birre e shot come se il tutto fosse un party decadente nel salotto di casa. Una confidenza che sembra quasi cozzare con una personalità altrimenti schiva e restia a comunicare – tutt'oggi si possono contare sulle dita le interviste rilasciate. “Semplicemente non sono brava a parlare”, dichiara. È per questo che pensieri, flussi di coscienza, frammenti di diari, osservazioni casuali, vengono messi su disco. Ascoltare un disco di Molly, così, è come ritrovarsi con un'amica a notte fonda per un ultimo bicchiere, a filosofeggiare, a commentare su un tizio interessante adocchiato dal grossista cinese, a ribadire luoghi comuni e verità eterne di sinistra oppure a disquisire semplicemente sulla decisione di ossigenarsi i capelli.
Follow The Light manca forse di veri highlight, ma il disco mette in luce come la matrice della svedese sia ormai orientata verso un'impostazione più cantautorale. L'opener “The Closest We'll Ever Get To Heaven” è degna delle liriciste più consumate, “Never O' Clock” strizza l'occhio al tempo stesso alle lascive ritmiche di Sandra Lauer, mentre “Truth” e “I'm Still Wearing His Jacket” ritornano su tonalità più gotiche. Ma il goth di Follow The Light non è mai il tentativo di tracciare un nichilismo fine a se stesso. Al fondo delle composizioni della Nilsson si intravede sempre uno spiraglio di vitalità e curiosità verso il divenire e verso un poetico immanente da captare nei piccoli momenti dell'ordinario.I love the city in the night
When she leaves on all her lights
When she tells me that she's mine
I believe her every time
I'd never leave for the countryside
Small towns make me terrified
In the cities our hearts stay open like bars
I feel safe in the city. I feel safe in the city
These Things Take Time (Dark Skies Association, 2008) | 8 | |
Europa(Dark Skies Association, 2009) | 7 | |
Follow The Light(Dark Skies Association, 2010) | 6,5 | |
History(Dark Skies Association, 2011) | 7 | |
The Travels (Dark Skies Association, 2013) | 7 | |
Solo Paraiso (Ep,Dark Skies Association, 2014) | 6 | |
Sex (Ep, Dark Skies Association, 2014) | 6,5 | |
Zenith(Dark Skies Association, 2015) | 7,5 | |
Single (Ep, Dark Skies Association, 2017) | 6 | |
Imaginations(Dark Skies Association, 2017) | 7,5 | |
2020 (Dark Skies Association, 2018) | 7 |
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