Figlio di un militare in carriera, Mike Doughty vive tra Leavenworth, in Kansas, il Belgio e il Massachusetts, prima di trasferirsi in via definitiva a New York per assecondare la sua vena poetica. Pian piano si ritaglia il suo piccolo spazio nei giri sotterranei della New York letteraria, pubblicando alcuni scritti senza però riuscire ad ascendere ai salotti di Manhattan, dagli anni Ottanta in poi autentico epicentro della letteratura a stelle e strisce. Scrivere poesie non è l'unica attività a cui il buon Mike si dedica: è anche recensore musicale per il settimanale The New York Press e per guadagnarsi da vivere fa il portiere presso il Knitting Factory, locale trendy nel giro degli artisti alternativi della downtown newyorkese.
È il 1992 e per Mike questa è un'ottima occasione per entrare in contatto con l'ambiente musicale della Grande Mela, magari riuscendo a metter su una band dopo le passate esperienze in microscopiche identità punk-hardcore che non hanno lasciato alcuna traccia.
Il Knitting Factory è meta, tra gli altri, anche di John Zorn, che inscena spesso uno dei suoi game pieces più astrusi, "Cobra", e non è raro che tra gli improvvisatori ci sia anche Mark De Gli Antoni, tastierista fresco di master in composizione al Mannes College Of Music di New York e intestatario del progetto Rough Assemblage in condominio col suo collega di studi Norman Yamada, anch'egli onnipresente alle performance di Zorn.
Doughty (che canta e suona la chitarra) e De Gli Antoni si conoscono proprio al Knitting Factory e scoprono comuni interessi musicali. È così che s'accende la miccia per la nascita di un nuovo progetto.
I due trovano rapidamente il bassista Wilbo Wright e la violoncellista Catherine Bent e organizzano alcune prove, ma la line-up dura un nulla (Wright finirà nei tortoisiani Ui). Trovare nuovi elementi in un ambiente grondante di musicisti non è poi impresa così difficile: Sebastian Steinberg prende il posto di Wright al basso, mentre all'israeliano Yuval Gabay spetta l'incombenza di sorreggere la musica del nuovo gruppo col suo drumming.
Poche prove ed è già tempo di debutto. È un lunedì notte al Knitting, in una di quelle fasce orarie in cui nessun gruppo è disposto a suonare. Doughty sfrutta il diniego collettivo e si fa concedere lo spazio dal suo datore di lavoro: i quattro si presentano all'una di notte davanti a un esiguo manipolo di spettatori, solo diciassette e per niente entusiasmati, come «M. Doughty's Soul Coughing», mutuando il nome dal titolo di una poesia scritta da Doughty stesso che narrava di una crisi di vomito di Neil Young nel retro del suo tour bus.
Nonostante l'esordio non sia dei più incoraggianti, i quattro non si lasciano prendere dallo sconforto e girano per i club della città costruendosi una buona reputazione che in breve tempo attirerà le attenzioni di diverse label pronte a metterli sotto contratto.
Doughty nel frattempo apre un suo locale, lo SLAW alla 313 Gallery del CBGB's, che ben presto si tramuta in luogo prediletto per gli showcase della band, che ha ridotto il moniker al solo e definitivo Soul Coughing.
La svolta è ormai prossima e l'ingresso nel mercato discografico arriva nel 1993, quando la Slash, sottosezione della Warner Bros, si assicura le prestazioni della promettente new sensation del folto sottobosco newyorkese.
Freschi, seducenti e sprizzanti energia da ogni poro. I Soul Coughing si presentano al grande pubblico nel 1994 con un debutto che lascia a mandibola spalancata. Doughty, De Gli Antoni, Steinberg e Gabay confezionano quattordici piccoli gioielli di sobrietà melodica coniugata a costruzioni e raffinazioni sonore pervase da una vena sperimentale che riesce ad abbracciare diversi generi senza soluzione di continuità.
Ruby Vroom (il cui titolo è ispirato dal nome della figlia di Mitchell Froom, tecnico del suono e stretto collaboratore di Tchad Blake, produttore dell'album) è la prima testimonianza di una formazione dall'identità già ben definita, che sfugge a ortodosse etichettature critiche.
È pop, ma non da alta classifica. È jazz, ma non per i puristi. È swing ma non ha il ciuffo scolpito con brillantina. È rap, ma la voce indugia troppo sulle melodie. È funky, ma senza orpelli e funambolismi. Cos'è, quindi? Un luogo di contaminazione postmoderna che, concettualmente, non è lontano parente dei Talking Heads. È forte il senso di frenesia e melting-pot metropolitani che emerge tra le maglie di questa musica, nonostante appaia scanzonata e placida, a tratti rilassata e quasi sorridente.
Parte "Is Chicago, Is Not Chicago" e lo swing pastoso del contrabbasso di Steinberg ci prende per la caviglia e ci trascina dentro l'indefinibile poetica dei Soul Coughing, che levigano il pop nelle ballate "Janine", "Sugar Free Jazz" e "True Dreams Of Wichita", scaraventandone le schegge residue cadute sul pavimento in una purea mutante e irriverente. Il singhiozzante funky di "Moon Sammy", il vorticoso swing di "Casiotone Nation" (in cui Doughty simula un'antifonale domanda e risposta nel break con la conta), le ritmiche esotiche di "City Of Motors" e le irregolarità rock di "Supra Genius", con tanto di simil-scat finale, l'acid-jazz incalzante di "Mr. Bitterness", le scorribande hip-hop di "Screenwriter's Blues" e "Uh, Zoom Zip" sono gli ingredienti che i Soul Coughing impastano e mescolano per creare uno sformato che, una volta cotto, diffonde una ludica e accattivante fragranza. In "Down To This" si intromettono i campionamenti di De Gli Antoni estratti dal reggae dei Toots & The Maytals (il riff di chitarra iniziale), dallo swing vocale delle Andrews Sisters (i cori e gli inserti di fiati) e dal blues del leggendario Howlin Wolf (lo slabbrato "ooooh" che si affaccia qua e là) mentre il brano è un funk/rhythm&blues sul quale Doughty rappa incurante del crogiolo che man mano va generandosi. E l'incipit da cartone animato d'epoca di "Bus To Beelzebub" ci catapulta nel bus che attraversa un grottesco luna-park pieno di colorate sagome di plastica e la sensazione di venire inghiottiti nella bizzarra atmosfera di "Perso nella Casa Stregata", capolavoro su breve distanza dello scrittore John Barth, sale passo dopo passo.
La stravaganza dei Soul Coughing risiede non soltanto negli incroci stilistici perfettamente riusciti, ma principalmente nelle strutture delle canzoni, che non presentano una netta separazione tra ritornelli e versi. Rivoltano così le funzioni delle parti interne della popsong tradizionale in corpora parecchio sintetici, nei quali è frequente la reiterazione dei motivi melodici.
Mike Doughty dà il meglio di sé con versi intelligenti e bizzarri, concentrandosi sull'armonia sonora tra le parole e su una sagace e costante ricerca dell'allitterazione per dare ritmo e vivacità ai testi, simulando cenni scat e declinando l'approccio rap al disincanto indie e a uno sgambettante appeal pop. Mark De Gli Antoni è in perenne azione di disturbo con i suoi astrusi campionamenti, che ispessiscono le architetture delle canzoni e concorrono alla creazione di quel pazzoide collage stilistico fatto di caos urbano, infilando qua e là frammenti della colonna sonora della vita quotidiana della Grande Città, come le trivelle sotto le enormi gru ("City Of Motors") o le martellate echeggianti nei cantieri affollati mentre i gabbiani sorvolano il molo ("Sugar Free Jazz") o i clacson agli incroci ("True Dreams Of Wichita"). I suoi inserti spesso fungono da autentiche spine dorsali ("Bus To Beelzebub") oppure conferiscono peculiari cromature ("Screenwriter's Blues"), a volte persino stranianti ("Supra Genius"). Il duo Steinberg-Gabal è compatto e lineare, col primo che intesse trame swingate corpose che, congiunte al drumming puntuale del secondo, creano un groove sinuoso e seducente.
Forti di ben tre singoli lanciati ("Sugar Free Jazz", "Screenwriter's Blues", "Down To This") e di circa 150.000 copie vendute, i Soul Coughing penetrano nel giro delle radio collegiali guadagnandosi un buon seguito, quasi inatteso vista la particolarità della proposta.
La loro "The Brooklynites", inclusa nella colonna sonora di "Blue In The Face", segna l'inizio di una lunga serie di contributi alle soundtrack cinematografiche.
Siamo già al 1995 e Mike Doughty approfitta di una pausa del tour promozionale per dedicarsi alla registrazione di materiale solista che non vedrà la luce prima del 2000.
L'attesa per un nuovo lavoro griffato Soul Coughing dura appena due anni. A schiudere le porte di Irresistible Bliss provvede il singolo "Super Bon Bon", uno dei brani più rappresentativi del combo newyorkese, con l'ammiccante riff di basso e un Doughty mai così aggressivo e teso come una fune nel refrain rappato. Ma il nuovo parto non si rivela all'altezza del suo predecessore. Proprio quando si presenta loro l'opportunità di spostare più in là i confini entro cui muoversi, forti degli apprezzamenti ricevuti per una proposta tanto obliqua, i quattro si accontentano di un songwriting che, seppur restando radicato in quel mix di funky, pop e swing, non osa, non va oltre il compito ben svolto. Lo stesso De Gli Antoni, funambolico protagonista in "Ruby Vroom", appare meno ispirato, riducendo qualitativamente il suo contributo alle impalcature, anche se sfodera l'ennesimo lampo di genio fiondando la tromba con sordina del Raymond Scott di "The Penguin" in "Disseminated".
Irresistible Bliss si rivela immediatamente diverso, più ponderato e con un taglio nettamente più pop. Insomma, meno spericolato, come se all'improvviso i quattro si fossero guardati in faccia reciprocamente consci di dover diventare grandi.
L'aura da cazzeggiatori non è però del tutto dismessa e i Soul Coughing non si sono tramutati in Pierrot dal muso lungo o in seriosi impiegati in affanno tra la folla della metro per raggiungere l'ufficio. È frizzante l'andatura rataplan di "White Girl" e in "4 Out Of 5" tornano i giochetti aritmetici di Doughty (che si esibisce con un cantato più convenzionale in tutto il disco); "Soundtrack To Mary" ha un'aria spensierata, contigua a quella di "Sugar Free Jazz", e "Soft Serve" è un placido funk perfetto per una festa estiva con piscina e open-bar con cannucce colorate e sombreri di carta velina su lunghi stuzzicadenti immersi in cocktail fruttati. In "Collapse" si intravedono i germi drum'n'bass che successivamente inizieranno a propagarsi nell'intero tessuto connettivo, ma le canzoni sono più "normali" e qualcosa di oscuro e in parte doloroso comincia ad affacciarsi in seno alla musica del gruppo (con un Doughty caduto nella spirale dell'eroina): le gradazioni introspettive di "Lazybones" e del rhythm&blues di "Idiot Kings", se non i chiaroscuri di "Paint" spezzano in parte i sorrisi smaglianti dell'esordio, tramutandoli in espressioni agrodolci.
La tracklist fila, sì, ma non si è mai investiti da quei sussulti di sorpresa che fan scuotere la testa pensando a quali trovate da folli si è costretti ad assistere, e in prossimità di "Sleepless" e delle sbiadite tinte trip-hop di "How Many Cans" il termometro emotivo segna livelli piuttosto bassi.
Nonostante tutto, l'album raggiunge le 250.000 copie vendute, il picco massimo per i Soul Coughing che, sulla scia di questo nuovo piccolo successo, tra il 1996 e il 1997 partecipano al Loollapalooza e al H.O.R.D.E. Festival Tour.
Nello stesso periodo, i due brani inediti "Unmarked Helicopters" e "The Bug" finiscono rispettivamente nelle colonne sonore di "X-Files" e di "Batman & Robyn", mentre "The Plane Scraped Its Belly On A Sooty Yellow Moon", frutto della collaborazione con Roni Size, fa parte della soundtrack del film "Spawn".
Con El Oso del 1998 giunge quel cambiamento stilistico che con Irresistible Bliss non era arrivato. C'è odore di drum'n'bass e jungle nell'aria e Yuval Gabay ne sa qualcosa. È il suo drumming dal rullante secco con riverbero metallico ancora più accentuato a rappresentare l'elemento di cambiamento più evidente in quella che è l'ultima sortita discografica inedita del gruppo. De Gli Antoni, da par suo, torna a fare il De Gli Antoni, dispensando nuovamente i geniali campionamenti che resero grande "Ruby Vroom": il suo è un apporto determinante però nella creazione di un'atmosfera obliqua, caotica e più claustrofobica rispetto al disco precedente. Le canzoni rimangono sempre concise e impiantate su idee semplici, con Mike Doughty che torna alle reiterazioni ostinate dei suoi versi.
Già da "Rolling" si percepisce un clima diverso, più cupo. I Soul Coughing abbandonano in parte la spensieratezza dell'esordio; il funk e il jazz dei primi due lavori sono adesso trasfigurati e resi quasi irriconoscibili in un amalgama più complesso che è ormai divenuto un singolare art-pop di frontiera. Tuttavia, l'essenza primigenia non è del tutto ricusata e la gaiezza della sbarazzina "Circles" funge da trait d'union, così come il lento "Maybe I'll Come Down", intorbidato da una fine foschia jazzata. Ma gli odori drum'n'bass si propagano in ogni dove quando attacca "Blame", col contrabbasso di Steinberg che si contrae e si distende come un elastico, e l'aria s'infiamma con le propulsioni jungle di "$300" (nella quale De Gli Antoni piazza un campionamento del comico Chris Rock appositamente distorto), "Monster Man", "I Miss The Girl". "Misinformed" è robotica e spigolosa, "St. Louise Is Listening" è puntellata da singhiozzi di contrabbasso, in "The Incumbent" sembra di sentire i Beastie Boys in chiave lounge. S'addensano improvvise nubi all'orizzonte col sopraggiungere di "Pensacola", che fluttua nel nulla con Doughty che per buona parte si mantiene poco sopra i sussurri.
El Oso è un album di estremo coraggio che restituisce una band ancora in vena di sperimentare, fugando i dubbi, sorti con "Irresistible Bliss", circa un'ipotetica canonizzazione di un sound che si fa così più acido e intrattabile. Ma è questione di breve tempo e la band, minata all'interno da dispute sulle royalties dei brani, entra in una crisi irreversibile che la conduce, nel marzo del 2000, a un inevitabile scioglimento.
Diverse sono le pubblicazioni che riguardano la band dopo la fine dell'attività: nel 2002 la Slash immette sul mercato Lust In Phaze (titolo preso a prestito da un verso di "Soft Serve", che è esclusa dalla tracklist), collezione di venti brani che include anche "Unmarked Helicopters" e l'inedito "Buddha Rhubarb Butter".
Tra il 2003 e il 2005 l'etichetta indipendente Kufala pubblica diversi live bootleg registrati tra il 1994 e il 1999, nonché una collezione di rarità dal vivo dall'originalissimo titolo di "Live Rarities".
Appendici soliste
Ogni componente dei Soul Coughing, sia durante i sette anni di vita del gruppo che (e soprattutto) dopo la sua fine si è dedicato a collaborazioni esterne e progetti personali.
Il più costante e prolifico in fatto di materiale autografo è il cantante e chitarrista Mike Doughty. Nel 1995, come detto, registra un album durante una pausa del tour della band. Quelle registrazioni rimarranno negli archivi per ben cinque anni, solo nel 2000 Mike deciderà di rilasciare Skittish (che tre anni più tardi verrà riedito insieme all'Ep "Rockity Roll"), venduto durante i numerosi concerti e sul suo sito personale per tentare di aggirare l'allora "minaccioso" Napster. È una collezione di dodici brani intimi e ben eseguiti, solo voce e chitarra acustica con un Doughty che si abbandona a un cantato totalmente pop, scevro quindi dai fraseggi rap. L'atmosfera è ben più malinconica rispetto ai Soul Coughing, ma la filigrana melodica è più o meno la stessa. Tra gli episodi migliori si segnalano l'iniziale "The Only Answer", "No Peace, Los Angeles" e la rivisitazione di "Real Love" di Mary J. Blige.
Del 2002 è "Smofe + Smang: Live In Minneapolis", live performance registrata nel febbraio 2002 a Minneapolis, che comprende anche brani dei Soul Coughing, rilasciato anch'esso senza l'ausilio di alcuna label, che arriva l'anno seguente.
Doughty, che si è nel frattempo liberato dalla dipendenza da eroina, firma infatti per ATO Records con la quale, con iati di due anni ciascuno, pubblicherà tre nuovi album: "Haughty Melodic" (2005) e "Golden Delicious" (2007) hanno una fisionomia più attinente al pop-rock leggero con canzoni parecchio canoniche e alla costante ricerca del guizzo melodico buono per i passaggi in radio. Due buoni lavori, a tratti un po' disimpegnati, nulla di miracoloso né di particolarmente memorabile. Nel 2009 arriva Sad Man Happy Man, che registra un timido avvicinamento al folk ("Lorna Zauberberg", "Year Of The Dog"), ma c'è anche dell'amarcord nel rap à la Soul Coughing di "Pleasure On Credit".
Quella di Doughty è una carriera finora senza vertici di eccellenza in cui il solo "Skittish" si è rivelato album ispirato da cima a fondo, più immediato e, per certi versi, meno ruffiano degli altri dischi a seguire.
È doveroso segnalare la collaborazione, nel 2001, con John Flansburgh e John Linnell dei They Might Be Giants - ai quali la sua proposta solista, nel tempo, è andata avvicinandosi - per il cd incluso nel sesto numero della rivista letteraria McSweeney's diretta dallo scrittore Dave Eggers (grande fan dei They Might Be Giants) e il cammeo, l'anno precedente, nell'album "Movement In Still Life" di Brian Transeau nel brano "Never Gonna Come Back Down".
Scarno il curriculum di Mark De Gli Antoni, che vanta i Rough Assemblage e un solo album solista licenziato nel 1999 dalla Tzadik di John Zorn: "Horse Tricks" è un puzzle di diciassette tasselli in cui si affacciano siparietti ludici ("Big Umbrella", "Los Enfant"), minimalismi kraftwerkiani ("Alabama") e strani e oscuri giochetti alla Residents ("They Wave"). C'è pure spazio per uno strumentale scarto della band-madre, "Mermaid". Ne risulta un'opera interessante, che spesso lambisce i territori della musica concreta, un po' disomogenea e fuori dagli schemi. Vi prendono parte anche Gabay e Steinberg.
De Gli Antoni continua la sua attività di tecnico del suono presso alcuni studi di registrazione di New York.
Sebastian Steinberg figura nei credits dell'elegante e bellissimo "Try Whistling This" del cantautore neozelandese Neil Finn, risalente al 1998. Di un anno più tardi è la sua collaborazione col duo nipponico-statunitense Cibo Matto in occasione del loro secondo e ultimo album "Stereo Type A" (a cui prendono parte anche Sean Lennon e Arto Lindsay). Nel 2003 è con la band che suona su "Soundtrack II" di Marc Ribot e nel 2010 è al basso in "Familial", esordio solista di Philip Selway, batterista dei Radiohead.
Materiale inedito che reca completamente la sua firma esce nel 2008 con lo pseudonimo Homesick Orchestra: il risultato è il notturno e particolare Scarlet Fever.
Steinberg è anche turnista per David Byrne, Lisa Germano, Eddie Vedder.
Il suo ex compagno di sezione ritmica, Yuval Gabay, nel 1995, si unisce a Tod Ashley (ex Cop Shoot Cop), Duane Denison (Jesus Lizard, poi anche Tomahawk) e Jennifer Charles degli Elysian Fields per formare i Firewater (band che subirà diversi cambi di line-up), ironica miscellanea di indie-rock e pop con una carriera su una costante buona media qualitativa.
Dopo la fine dei Soul Coughing, Gabay mette su gli UV Ray insieme alla cantante afro-americana Trudi Mosiamo, in cui miscela umori etnici a breakbeat e hip-hop. Nel frattempo è session man collaborando con artisti del calibro di Lauryn Hill, Zack De La Rocha, Suzanne Vega, They Might Be Giants.
Ruby Vroon(Slash, 1994) | 8 | |
Irresistible Bliss (Slash, 1996) | 6 | |
El Oso (Slash, 1998) | 7 |
Fan site | |
VIDEO | |
Down To This (da Ruby Vroom, 1994) | |
Lazybones(da Irresistible Bliss, 1996) | |
Circles (da El Oso, 1998) |