Sul successivo "The Anomaly", il salto di qualità fu così netto che, a tutt’oggi, questo lavoro continua a rappresentare il suo picco creativo. Coadiuvato da ben quattordici musicisti (tra cui John Medeski, Vernon Reid, Casey Benjamin e Chris Wood), che portarono in dote organi, sassofoni, trombe, tastiere, flauti, chitarre, violini, percussioni, conga, vibrafoni e finanche una tabla e un Didgeridoo, Kibler realizzò una fusione sonora in cui l'arte del turntablism sposa l'improvvisazione jazz in composizioni innovative e sempre godibilissime all'ascolto.
Lungo le sue quindici tracce (per un'ora e poco più di musica), scorrono vibrante soul-rock (“French Quarter”), jazz cinematico infarcito di break (“Black Buddah”), visioni davisiane su tappeti poliritmici (“Ron’s House”) o proiettati su fondali anarco-industriali (“Miles Away”), disimpegni jazz-folk (“Michelle”), groove funk con gli steroidi (“Bean-E-Man”), ballabili dal respiro esotico (“Soul Kissing”) ed esperimenti dub nella savana (“Afronautical”).
Il momento più sperimentale è sicuramente “Hip-Hopera”, in cui l’arte del turntablism incrocia la grandeur di un’opera lirica aliena. In quello più lungo, “Drone”, tutti gli strumenti vanno di jam intergalattica e poi declinano robusto jazz-hop con tanto di violoncello sullo sfondo.
(01/10/2020)