Strana storia, quella di questo disco. Di Beth Gibbons non abbiamo notizie dall'ultimo lavoro con i Portishead che risale al 1997, Rustin Man altri non è che Paul Webb l'ex bassista dei Talk Talk. Ebbene i nostri, accomunati da questi silenzi più o meno lunghi, si sono conosciuti durante delle audizioni dove il bassista cercava una voce per il suo progetto post Talk Talk (gli O'Rang) anni dopo il loro primo incontro vanno a realizzare un disco che vuole esprimere il loro stile e le loro ambizioni.
È un album emozionante, questo "Out Of Season". Emozionante perché la voce di Beth Gibbons spazia tra amori, desideri, gioia di vivere, fragilità con una capacità che sicuramente non è inferiore a quella che già conoscevamo, ed anzi forse la cantante di Bristol qui raggiunge vette tali da farci chiedere se sia giusto che simili delizie ci debbano essere donate così di rado, o se forse è giusto e inevitabile così. Emozionante perché la forza evocativa della voce è accompagnata da una musica che non la copre né la lascia da sola, ma è misurata in ogni sua componente.
L'apertura è già promettente, "Mysteries" è un brano cantato con una voce da usignolo, un lenta ballata accompagnata da cori gospel una volta tanto usati non a sproposito, e altre perle seguiranno di lì a breve, tra raffinate canzoni venate di jazz, soul, e il fantasma per niente ingombrante di Nick Drake a far capolino ogni tanto, fino alla delicata canzone a lui dedicata. La presenza importante di un altro Portishead, Adrian Utley alla chitarra, ci fa pensare a come sarebbe stato il gruppo di Bristol in un'era musicale precedente, prima dell'arrivo dei campionatori e dei pattern ritmici affidati alle basi preincise.
Nella seconda traccia "Tom The Model" ad esempio dove riecheggiano le atmosfere alla Shirley Bassey anni 60, ma il meglio l'album lo riserva nei brani centrali, nella struggente ballata al piano di "Show" dove la Gibbons raccoglie degnamente l’eredità di una delle sue grandi muse Billie Holiday per regalarci una prestazione vocale da brividi, il cambio di registro di "Romance" che fa fede al titolo con un arrangiamento orchestrale anni 50 sopraffino, le atmosfere vagamente esotiche di "Sand River", fino ai crescendo meravigliosamente seducenti di "Spider Monkey", Beth Gibbons sembra quasi cantare un destino crudele, quello di avere una forza nella voce capace di penetrare il cuore più restio, ma allo stesso tempo di essere destinata a non poter appagare per se stessa questo desiderio di amore.
È un disco innegabilmente adatto alla stagione autunnale: malinconico, introspettivo, colonna sonora perfetta per pomeriggi guardati attraverso finestre che danno sul cielo invernale o per chi ama crogiolarsi narcisisticamente in qualche malinconia. Chi non ama un disco così non ha una delusione d'amore nel suo album fotografico...
27/10/2002