La premiata ditta Moffat & Middleton non ha deviato dal suo sentiero "gloomy" e malinconico. E Moffatt, in particolare, non ha mai smesso di vestire i panni del bohémienne da pub, con il suo canto monocorde e decadente, in puro (e altezzoso) stile British. Abbrutito e sbronzo, il cantore di "Glue" bisbiglia che "the surest sign ever that good times are ending/is sharing a sleeping space with no fucking pending" (ovvero: "capisci che le cose stanno peggiorando quando dormite nello stesso letto senza che nessuno dei due pensi a scopare"...).
Ma questa volta, tra le nebbie degli Arab Strap, filtra anche qualche raggio di sole. Come l'iniziale, stralunata "The Shy Retirer", che aumenta i ritmi della scrittura di Middleton aggiungendo una chitarra tesa e densi arrangiamenti d'archi: un esperimento azzardato in cui la band, però, pare muoversi a disagio. Un breve interludio strumentale (realizzato con il campionamento dello strumento-simbolo dello spirito scozzese, la cornamusa) trasporta dalla struggente "Who Named The Days?" a "Loch Leven", ballata folk dal testo quantomai "diretto": "Fuck me he says/ fuck you she says" ("scopami, disse lui/ fottiti, disse lei"…).
L'epica "Fucking Little Bastards" (forse il pezzo migliore del disco, con muri sonori degni dei Low e una sardonica invettiva di Moffat contro gli uccellini della sua "fottuta città"...) e il valzer malato di "Peep-Peep" dimostrano che il duo di Glasgow vuole tentare di sperimentare nuove strade, allontanandosi dai suoi abituali cliché. Il contrasto tra folk acustico e beats elettronici, teneri violini e chitarre stridenti, serenate notturne e confessioni sguaiate contribuisce ad alimentare un sound che sa essere insieme cinico e passionale.
Ma la malinconia non è certo scomparsa, e torna ad avvolgere le atmosfere abuliche del gruppo in tracce come "Serenade", "sfogo" di Moffat nei panni dell'amante deluso che si trascina a notte fonda al bancone del pub, o "Act Of War", in cui una tenera melodia si abbina a una sarcastica dichiarazione di intenti rivolta a una potenziale fidanzata: "I needed a nurse and a mother / I needed an open-mind whore / I needed a barmaid and a lover / someone to stand between me and the floor" ("avevo bisogno di una balia e di una madre / avevo bisogno di una puttana dalle ampie vedute / avevo bisogno di una barista e di un'amante / di qualcuno che stesse tra me e il pavimento"). E se "Flirt" indulge un po' troppo in un pop lezioso e "Meanwhile, At The Bar, A Drunkard Muses" riporta alle atmosfere narcolettiche dei primi dischi, "Pica Luna" conclude l'album sulle note di una ninnananna incantata che può, a seconda degli stati d'animo, acuire la tristezza o riaccendere un barlume di fiducia in fondo all'anima.
Insomma, niente di trascendentale tra le mura del pub "Hug & Pint". Ma, tra una birra e l'altra, ci si può far avvolgere da queste ninnananne suadenti, colonna sonora ideale per serate piovose e malinconiche.
(25/10/2006)