Luna - Rendezvous

2004 (Jetset)
pop

I Luna di Dean Wareham e di Britta Phillips (dal 2000 voce e basso in luogo di Justin Harwood) si sono da sempre imposti come progetto post-Galaxie 500, e - per un certo periodo di tempo - sono così vissuti all'ombra del glorioso gruppo maggiore. Solo con "Bewitched" (Elektra, 1994) hanno acquisito una certa personalità nell'ambito del rock alternativo internazionale, tramite la messa in scena di un pop Reed-iano soffice e coinvolgente (ma memore anche di certe istanze Buffalo Springfield). Con la serie - altalenante - di opere a esso successive, i Nostri arrivano al capolinea con un ultimo Lp, intitolato significativamente "Rendezvous", "appuntamento". A ben rappresentare lo spirito della band c'è pure il mesto e Antonioni-iano (cfr. il finale de "L'Eclisse") back-cover del packaging , emblema di due sedie dirimpetto senza nessuno che le occupi, che le riempia di vita. L'appuntamento svuotato, non-vitale. Il contenente, non il contenuto.

Il disco - coerentemente con il significato dell'iconografia della sua confezione - non appare particolarmente originale, in nessuno dei due sensi possibili (prosecuzione oleografica dei dettami Galaxie 500, oppure esplorazione di possibilità creative parallele). "Malibu Love Nest" ha uno schema abbastanza codificato (riff semplice e solare di chitarra, a ospitare una ritmica wave-ish , canto Reed-iano, accompagnamento cristallino), ma pure un discreto senso della struttura globale. "Cindy Tastes Of Barbecue", di contro, pone troppa enfasi sull'espressione delle sonorità bubblegum, senza dotarla di elementi caratteristici, a discapito della sostanza forte. "Speedbumps" contraddice nuovamente tutto, portando il disco sull'aspetto trascinante, accomodandosi in tipiche forme pop, ma pure salvaguardando una certa tensione melanconica, e pure volgendo le sonorità verso tinte calde.

Le discrepanze del disco sono, tutto sommato, disturbanti, invece che operative. Pian piano ci si rende conto di come la band abbia davvero esaurito le idee. "The Owl And The Pussycat" è una canzoncina lounge -pop con improvvisazioni statiche delle chitarre in sovrapposizione tra altezze sonore chiare e scure. La chitarra con delay di "Astronaut" (con successive variazioni date da orpelli decorativi, quali tastiere e altre chitarre Smiths-iane) imposta una melodia fischiettabile, ma priva di concisione e fruizione: pare tutto costruito per arrivare il prima possibile al chorus. Sono tutti buoni ingredienti pop messi insieme in modo raffazzonato.

L'intro strumentale prolungata di "Star-Spangled Man" è l'unica idea del pezzo, che può così contare soltanto su una chitarra esotica, al massimo appena rafforzata dal repertorio di effetti dreamy dell'orchestrazione spettacolare, a darci dentro come non mai. Gli arpeggi di "Motel Bambi" scorrono via senza lasciare traccia, mentre la tiepida ballata di sottofondo di "Still At Home" fa scattare qualche ulteriore dubbio sulla validità di album e band. "Rainbow Babe" chiude il disco con una serenata all'acqua di rose, con accompagnamento hawaiano delle percussioni, un assolo di chitarra da cartolina delle vacanze, e futili interventi del synth di fondo.

Nuove smentite arrivano dai pezzi riusciti. "Broken Chair" è curato e meditato, con un canto che finalmente si innalza secondo un falsetto onirico, dai timbri divaganti, e arrangiamenti che prendono per mano l'ascoltatore stuzzicandolo con un minimo di trasporto emotivo (la jam chitarristica è centrata, e non solo pura inserzione di minutaggio). "Buffalo Roots" osa anche di più, con un jangle -pop non di molto inferiore a quelli dei tardi Dream Syndicate, che finalmente vede una giusta compenetrazione tra musica e canto (un declamato sottovoce di buon fascino), mentre ai lati vengono sporadici interventi radiofonici, e il riff, anche se non molto orginale, riesce a essere incalzante.

Non ci fossero complicazioni di mezzo (canzoni sopra le righe, arrangiamenti farraginosi, vuotezza generalizzata), lo si potrebbe anche considerare, a suo modo, un disco senza pretese. S'intravedono, qua e là, episodi di velata ironia, ma il vero intento dei Luna è quello di cercare un pretesto modaiolo, oppure quello di tentare un salto regressivo nei melismi più facili. A piacere. Pochi i numeri validi, ancor meno quelli davvero sentiti. Album realizzato da una band segnata dallo scioglimento imminente, prorogato grazie al tour 2005, con Wareham e la Phillips in odore di nuovo progetto. "Astronaut", già presente nel precedente Ep "Close Cover Before Striking" (Jet Set, 2003), compare qui in una versione inedita.

19/12/2006

Tracklist

  1. Malibu Love Nest
  2. Cindy Tastes of Barbecue
  3. Speedbumps
  4. Owl & the Pussycat
  5. Astronaut
  6. Broken Chair
  7. Star-Spangled Man
  8. Motel Bambi
  9. Still at Home
  10. Buffalo Boots
  11. Rainbow Babe

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