E il post-foxcore (electroclash per gli amici) sbarcò finalmente in Italia. E lo fece con dignità, attraverso una gentil donzella provvista di un malizioso nickname ("Legando Tiffany", o "Tiffany Legante", a piacere), e del suo debutto discografico. Tutto comincia dagli ormai consueti circoli underground dei centri sociali hardcore punk-addicted, come bassista di svariate band-cometa. Passato qualche tempo, la ragazza (che nel frattempo si è dedicata a produzioni electro amatoriali) è scoperta da produttori come Lorenzo Montanà che la introducono nel mondo dei club all'avanguardia, e la fanno pure comparire in compilation di successo ("Full Body Workout vol. 2"). Se poi si pensa che la filosofia di Tiffany è per buona parte riassunta nel covo telematico delle Suicide Girls, punkette tutte tatuaggi e piercing, ammiccamenti e pose erotiche, riferimenti para-colti o allusioni all'immaginario sex-femminista, allora il cerchio si chiude.
Ma si dimentichi la sguaiata atonalità hardcore-techno di Miss Violetta Bauregarde (altra debuttante electro d'origine elvetica, anch'essa proveniente dalla succitata community, cfr. ), l'opera prima di Tiffany comprende semmai una collezione di brani scattanti, elementari fino alla banalità, centrati su groove ed elettrificazione, ma pure cosparsi di decorazioni e gusto retrò. Nei suoi uptempo, ad esempio in "Cat Killer Show", coesistono tanto vocals sensuali quanto beat pregnanti, quanto giochetti sprezzanti di synth. La seguente "Lcd Soundsystem Is Playing At My House" (palese controcitazione del Murphy-iano "Daft Punk Is Playing At My House"), cui vi si collega senza soluzione di continuità, emerge per il suo progressivo aggiornamento del sound disco-club, pure dotato di chitarre ronzanti.
"Sugar Boy Sugar Girl" è pieno (e convenzionale) stile electroclash: voce monocorde, algida e cantilenante, generale autoironia virata alla parodia della hit-single degli Eighties (Miss Kittin insegna), linea ritmica scandita. "Honey Doll" è una tirata dance degna dei 2Unlimited, ma con un canto che prova a diventare più meditato. "I Wanna Be Your Mp3" cita le Chicks On Speed, secondo un cyberpunk Alec Empire-iano all'acqua di rose, e "I'm Not A Peach" cita Peaches (con un bridge tanto acido nelle sonorità quanto amatoriale nella fattura). La profetica "Wake Up" offre divagazioni del sampler , linee vocali Kathleen Hanna e una formuletta un po' traballante basata sul chorus.
Più interessanti, anche se di brevissima durata, sono le parentesi tra brano e brano. "Telekoma" pare quasi riprendere la telefonata-farsa di Stefania delle Allun nel loro ultimo " Onitsed " (cfr.), "Last Weekend" è un caotico collage à-la Jason Forrest per sampler e drum machine, in cui Tiffany sfoga tutta la sua bramosia per il campionamento caleidoscopico e il poliritmo disco-oriented , e "Running Bastard" è una divertente sortita di chitarra psychobilly a duettare con campioni in successione di ringhi e abbai del suo cane. Chiude tutto "Cloud", filastrocca da streghetta techno con folate impertinenti del sampler.
Dedicato a chi è convinto che il genere non abbia più niente da offrire. Incertezze artigianali, ma dal ritmo acceso, divertenti a tratti. Ci sono volgarità e sfacciataggini che scadono nell'ingenuità, ma in modo sano. Il gioco delle citazioni (esplicite o meno, dotte o meno), alla lunga stanca e devia la godibilità.