Mau Mau (dal nome del movimento indipendentista keniota sorto nel 1948, ndr ) è il progetto post-Loschi Dezi di Luca Morino, Fabio Barovero e Bienvenu Nsongan, con base a Torino. Con i loro album (a partire dallo storico “Sauta Rabel”, 1992, preceduto dal mini “Soma la Macia”, fino ad arrivare alla raccolta “Marasma General” del 2001), il combo ha progressivamente consolidato e rifinito il loro posizionamento, già peraltro molto chiaro fin dagli esordi, all’interno del rock italiano. Tra intenti programmatici, progetti musicali ed extra-musicali (notevole l’impegno cinematografico e letterario del frontman Morino, oltre alle parallele Banda Ionica e Banda Maulera), e contaminazioni artistico-culturali, il patchanka dei Mau Mau approda a “Dea”.
Ormai espunte in via definitiva le intromissioni dialettali, Morino e compagnia si danno con cognizione di causa ai richiami etno-cubani (“Dea”), alle fisarmoniche folk-minimaliste di Tiersen e ai fiati spavaldi Bregovic-iani (“Mia macchina Mercedes” e “Il treno del sole”), alle serenate sornione di Conte (“Cartoline”), gli attacchi ritmici brazil (“Cannibal”), fino al posse-rock dubedelico Shaggy-oriented (“La casa brucia”). Tutto in ordine, tutto orientato alla ballabilità da festival estivo, pure rifinito da qualche tocco d’elettronica in post-produzione: vedasi l’inciso di fisarmonica dell’ incipit di “Da qui ai Caraibi”, o la stessa “Cannibal”, o le tastiere lounge di “Can anrabià”, o le sparute rielaborazioni della conclusiva “Bentornata nel campo” su base bossa-dub e misture Manu Chao/Africa Unite.
Quello che non funziona è l’atmosfera facilona, vogliosa di furbeschi stornelli ultra-sempliciotti, o il canto di Morino, che adesso pare un robot impostato senza ritorno sul melodioso (noioso) declamato ritmico-meccanico. Il punto a favore dei dischi precedenti qui diventa tarlo, movente del potenziale crollo verticale. A sanare il dislivello c’è un intruso che contraddice lo spirito di questi sbadati Re Mida: la tecnologia. In “La casa brucia” va in scena il fregolismo sbracato di Don Rico e Terron Fabio (Sud Sound System), e in “Can anrabià” c’è il supporto del freestyler latino-americano Calixto.
24/06/2006