Multistrumentista, programmatore e artista multimediale, RF (al
secolo Ryan Francesconi) è uno di quei personaggi misteriosi che, di tanto in
tanto, ci fanno dono di un pezzo del loro universo privato, fatto di magia e
inquietudine. Sono le pieghe di un'anima profondamente conoscitrice di se stessa
e dei lati più reconditi del mondo quelle che si mostrano dai solchi di "View Of
Distant Towns", lavoro che segue i già interessantissimi "Interno" (2002) e
"Falls" (2004). Un anima che cerca, nel contrasto tra la superficie, per lo più
lavorata con screziature acustiche, e le profondità assediate da glitch
informi e beat ovattati, la possibilità di un descrittivismo spirituale e
visionario.
Ispirato dagli scritti di Haruki Murakami, RF cerca
soluzioni musicali capaci di trasporre in suoni la malinconia e la sensazione di
quiete e di stasi che caratterizzano le pagine dello scrittore giapponese.
"Ladder In Place", con il suo atmosferico dipanarsi e le sue voragini di
lirismo, rappresenta, da questo punto di vista, un incipit esemplare. La
voce si confonde dietro linee fragilissime di chitarra e onde deformi di
bleep metallici. La musica sfiora il subconscio, ne accarezza le
incertezze e le vertigini (la title track). La vista delle città lontane,
da un rifugio inaccessibile, dove l'anima è intenta a mettere a nudo la sua
evanescenza ("Offering"). Il punto di fuga prospettico dell'assenza, come
un'iridescenza dreamy avvolta da nebbiolina jazzy ("Despite The
Time"). Il tempo attraversato da scintille imperfette di eternità, mentre si
medita sulla fine ("Of Detachment").
In questa landa elettro-acustica,
RF pone innanzi una visione tragica del tempo che distanzia, che allontana poco
alla volta da sé, che porta via cose e persone, verso un fondo di memorie sempre
più indecifrabili ("Messenger With Keepsakes"). Senti la musica che scava. La
puoi ascoltare mentre ripiega lentamente su se stessa, con la gentilezza delle
cose umili ("The Well And Stras"). Un suono gentile, eppure denso, caldo,
avvolgente. Un germoglio di subconscio, per l'appunto. Capace di esplorazioni
psichiche che sanno rendere perfettamente il senso di appartenenza a un luogo,
anche se immaginario ("The Flow Of This Place").
C'è spazio anche per
evocazioni post-electro/folk ("A Very Lucky Year") o per sfolgoranti
abissi classicheggianti à-la Black Tape For A Blue Girl ("On
The Bus That I Had Chosen"). E' tutta roba per dormiveglia infestati da
flashback laceranti. La musica e la vita si fondono, come due sinfonie, in "A
Vacant House Is Born", prima che le luci delle città lontane si spengano al
chiarore di un'alba fragile ("End Of The Line"). Abbiate molta cura di questo
piccolo, grande bignami emozionale.
22/12/2006