Opera prima dei Labradford, nonché titolo inaugurale del catalogo Kranky, "Prazision LP" uscì originariamente nell’ottobre del 1993, destando da subito l’attenzione di stampa specializzata e intellighenzia underground. Per descrivere la musica dell’allora duo vennero scomodati nomi sacri della psichedelia e dell’elettronica tedesca, rievocato il lavoro ambientale di Brian Eno, furono fatti paragoni con la coeva scena inglese (la cosiddetta Bristol-psycho), portata avanti da gente come Flying Saucer Attack e Main. In molti, poi, assunsero il disco come termine cruciale nella definizione del cosiddetto "post-rock", di cui i nostri divennero ben presto i padrini, assieme a un’altra manciata di gruppi.
Oggi, a ribadire la bontà e assieme il valore "storico" dell’opera, l’etichetta chicagoiana provvede a una ristampa che all’originale aggiunge il singolo "Everlast" (peraltro già presente nella precedente versione cd) e il suo retro "Preserve The Sound Outside", con i quali il gruppo esordì nel ‘92. Un’ottima occasione insomma per riportare l’attenzione su uno degli episodi più originali dello scorso decennio e su un gruppo il cui suono, manco a dirlo, ha fatto scuola.
Registrato dai soli Carter Brown (moog, vocoder, synth) e Mark Nelson (chitarre elettriche e acustiche, tape loops, voci), "Prazision" si presenta come un’escursione lunga undici tracce in territori che solo di sfuggita lambiscono i luoghi comuni del rock, adottando piuttosto soluzioni prossime all’avanguardia. "Listening In Depth", posta in apertura, è un ottimo esempio di quest’attitudine, attraversata da venti psych a lambire figure industrial che pulsano statiche per tutta la durata del brano. Così come avviene in "Experience The Gated Oscillator", costruita attorno a modulazioni noise o in "Sliding Glass", dove sparute note di chitarra sono sommerse a intermittenza da bordoni cosmici. Episodi che già di per sé forniscono un buon compendio del modus operandi dei due musicisti: poche note, talvolta un semplice suono, vengono abbozzati e a partire da essi, attraverso un attento lavoro di sovrapposizioni strumentali, costruite impalcature sonore minime ma compiute.
Altrove a dominare sono invece le atmosfere più pacate, quasi ambientali, vedi "Splash Down", con una voce appena sussurrata che si perde tra tocchi di synth e trame chitarristiche minimali; è il caso di episodi come "C. Of People", dell’eterea "Disremembering" o di "Soft Return", in cui memorie di Spacemen 3 si stemperano su fondali appena abbozzati.
Melodie a tratti impalpabili, talvolta tangenti l’isolazionismo si alternano a momenti di segno opposto, in cui a dominare sono scenari post-industriali e atmosfere cupe, opprimenti, lynchiane (fascinazione quest’ultima che di disco in disco diventerà sempre più chiara). Suoni mai freddi o fini a se stessi, musiche sì d’ambiente ma dietro cui si celano le canzoni. A ribadirlo "Accelerating On A Smoother Road", una chitarra acustica, quasi shoegaze nell’insistere su pochi accordi, quasi un folk apocalittico nell’incedere, porta da sola avanti il pezzo, accompagnata da sospiri e da pochi inserti pianistici.
E poi via di seguito fino alla conclusiva "Skyward With Motion", l’episodio più radicale del disco, un numero ambient-noise che si distende per oltre otto minuti prima di cedere spazio a un organo e poi, come da copione, al silenzio.
Dopo questo i Labradford pubblicheranno altri cinque album proseguendo la loro ricerca verso un suono sempre più impalpabile, sempre più prossimo alla stasi in musica. Contemporaneamente Mark Nelson si avventurerà nei territori dell’elettronica col suo progetto solista Pan American.
Ma, occorre sottolinearlo di nuovo, a scanso di equivoci, è da qui che tutto è partito.
06/01/2008