Con discreto ritardo mi accorgo dei Most Serene Republic e che il loro "Population" è uno dei migliori album dell'anno passato. Prima band a firmare Arts&Crafts senza condividere membri con i Broken Social Scene, a dispetto del nome la Serenissima risiede nell'Ontario.
La loro musica risente indubbiamente del contatto con la vivace scena indie/post canadese, ma rielabora le trame limpide e corali che le sono tipiche in un personale arazzo progressive. Personale, soprattutto perché è difficile cogliere rimandi diretti alla tradizione prog: al di là del drumming ipercinetico che fa molto Mars Volta, "Population" è quanto di più lontano possibile dalla magniloquenza e dall'esibizionismo che sono da sempre croce e delizia del genere.
E' un progressive "liberty" quello di "Population": non rinnega i fronzoli rococò, ma li tramuta negli archi rampanti di un'architettura/organismo capace di stagliarsi verso il cielo in tutta la sua leggerezza.
Così "Battle Hymn Of The Republic" chiude sull'ennesimo crescendo in stile Explosions In The Sky, per giunta ampliato a una mezza orchestra, "Humble Peasants" rilegge i tintinnii folktronici dei Múm in un'ouverture con tanto di corni, eppure non c'è verso di trovarci ampollosità. Ci sarebbe da passar le ore col gioco delle citazioni; meglio limitarsi a un pezzo emblematico: in quaranta secondi "The Men Who Live Upstairs" apre My Bloody Valentine, fa strada a scintillanti accordi Yes per poi dischiudersi in un folk corale alla "Wolves" (sempre più album-simbolo delle nuove derive "pastelliste" dell'indie/post).
La classe dei The Most Serene Republic sta anche nel non lasciarsi sopraffare dai rimandi, riuscendo a creare uno stile sì eclettico, ma coeso e distinguibile: estroso, fantasioso (anzi, fantasiosissimo), a modo suo romantico - i Flaming Lips trasportati in un dipinto di Alphonse Mucha.
La copertina di "Population" ben ne descrive l'incanto lillipuziano: una gemma di mille sfavillii e sfaccettature, che conferma il Canada come Eldorado dell'indie-rock e marca un ulteriore passo nell'evoluzione di una tendenza (sopra la chiamavo "pastellista", ma quello dei TMSR è piuttosto un ciclo di affreschi, di vetrate dai colori accesi) che raccoglie ormai sempre più proseliti.
26/02/2008