Late Of The Pier

Fantasy Black Channel

2008 (Parlophone)
synth-pop, wave

Potrebbero sembrare la tipica next big thing inglese sull’onda del successo riscosso lo scorso anno dai Klaxons, invece questi ragazzi di Nottingham, (e sembrano essere proprio giovani!) in giro da ormai sette anni, hanno sorpreso tutti con un debutto che ha del miracoloso nel riformulare il synth-pop alla luce delle sonorità dell’indie-rock attuale.

L’operazione che i Late of the Pier compiono è proprio quella di ricreare con una perfezione sorprendente lo stile, le melodie, l’iconografia e l’immagine di quel pop elettronico esploso tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta che coniugava melodie e ritmi ballabili con suoni freddi, algidi, meccanici e voci da androide. Gary Numan, Buggles, John Foxx, tutti artisti che i Late of the Pier avranno ascoltato allo sfinimento, ma che non si limitano a emulare aggiornandone le sonorità: il loro lavoro si pone piuttosto come una ricostruzione maniacale di quelle atmosfere e di quel modo di concepire la musica pop.
Va ricordato però che siamo nel 2008, non nel 1980, ma questo i Late of the Pier sembrano averlo capito benissimo: lungi dall’essere calligrafico e nostalgico, il loro synth-pop è una forma personalissima di wave progressiva dallo stile iper-dinamico e schizofrenico, con continui cambi di tempo e brani di tre minuti che riescono a condensare ritmi ballabili, assoli di chitarra, assalti punk e momenti puramente pop. La voce del cantante Samuel Eastgate (anche chitarrista, percussionista e tastierista), in linea con l’atmosfera, è quanto di più camaleontico ci si possa aspettare, essendo in grado di passare da un baritono wave a un timbro indie sgraziato, lanciandosi in spericolati falsetti, magari nello stesso brano.

L’incipit del lavoro è spiazzante: un’introduzione di un minuto con chitarre kitsch in pompa magna fa da apripista alla prima canzone vera e propria, “Broken”, un pezzo che allineato alle sonorità indie UK odierne, diviso tra malinconia nostalgica e accelerazioni, con un basso funambolico e fraseggi articolati di una chitarra sferragliante in stile Gang Of Four. Il resto del disco è una sorpresa dopo l'altra: il singolo “Space And The Woods” infatti sfoggia uno dei riff di sintetizzatore più belli e potenti di sempre (palesemente ispirato a "Cars" di Numan), che la rende una hit da dancefloor inarrestabile. “Heartbeat”, l’altro singolo, è un synth-pop ballabile con sfoghi prog che si scatena in un’esplosione glam-rock con assolo di chitarra nel finale, “Whitesnake” è un altro esempio del loro eclettismo, si tratta di un punk-rock con una melodia demenziale tra Devo e Dead Kennedys (con tanto di voce declamata), abbellito da barocchismi à-la Sparks.

Il loro repertorio di trucchi sembra essere inesauribile per una band al debutto: “VW” è un breve strumentale con la sezione ritmica tirata fino allo spasmo e un giro di synth incalzante, un brano di una frenesia assoluta che continua nella successiva “Focker”, una mini-suite glam con finale electro-wave esplosivo; impossibile non citare tra le highlight del disco il marasma di percussioni ed elettronica di “The Bears Are Coming”, il brano più ardito e sperimentale della raccolta.
E per finire, il capolavoro del disco, la summa della loro musica schizzata e cangiante: “Bathroom Gurgle”. Se il giro di synth minaccioso e la voce possono rievocare le tenebre del John Foxx di “Metamatic”, nell’intermezzo il brano diventa una cavalcata irresistibile con voce isterica, che si concede nel ritornello un’impennata di tastiere kitsch e voce in falsetto; non parliamo del finale a sorpresa inserito come ghost track… un folk acustico!

L’elemento che distingue questi ragazzi da un complesso di indie da classifica qualsiasi - scelta del sound e dell’iconografia a parte - è proprio la capacità inaudita di sorprendere a ogni passaggio, grazie a una tecnica eccelsa che permette loro di infilare un assolo virtuoso in mezzo a un groove ballabile con batteria in levare, e magari qualche insolito strumento a percussione. E se a questo bagaglio tecnico aggiungiamo un’ottima capacità di scrivere canzoni valide tanto in pista da ballo quanto per un ascolto attento al dettaglio, possiamo sbilanciarci e premiare il talento dei Late of the Pier. La prima prova è superata con lode, c’è solo da vedere cosa escogiteranno in futuro. 

28/08/2008

Tracklist

  1. Hot Tent Blues
  2. Broken
  3. Space And The Woods
  4. The Bears Are Coming
  5. Random Firl
  6. Heartbeat
  7. Whitesnake
  8. VW
  9. Focker
  10. The Enemy Are The Future
  11. Mad Dogs And Englishmen
  12. Bathroom Gurgle