Prima è stato il turno di My Chemical Romance e Killers. I primi hanno scoperto Queen e Bowie, facendone, di conseguenza, la copia carbone nel loro acclamato "The Black Parade", mentre i secondi hanno tentato, con risultati discutibili, di imitare Springsteen nel secondo album "Sam's Town". I Panic At The Disco quindi arrivano ultimi nella "riscoperta" dei mostri sacri del rock, in questo caso dei Beatles di "Sgt. Pepper's". Un bel salto mortale quello della band: da gruppetto punk emo oggetto di culto dei teenager Usa grazie a qualche singolo del loro (mediocre) esordio "A Fever You Can't Sweat Out" (2005), a imponente macchina pop.
Non c'è che dire, forti del successo del loro album precedente, Ryan Ross e compagni hanno fatto le cose in grande, mettendo nel libro paga pure un'intera orchestra, che ha registrato i propri arrangiamenti nientemeno che nei famigerati studi di Abbey Road di Londra (non poteva essere altrove). Il tentativo di emulare i Fab Four è così goffo, assurdo e sfacciato da risultare assolutamente divertente, e in definitiva più riuscito di quello dei gruppi citati poco sopra.
Nel delizioso incipit di "We're So Starving" la band dichiara "You don't have to worry, beacause we're still the same band", ma il cambio di sound potrebbe sconcertare più di un fan. I Panic At The Disco, saggiamente, nel corso delle quindici tracce che compongono il disco, non si prendono mai sul serio, e dispensano sottili tocchi di humour un po' in tutti i brani. "Nine In The Afternoon" e "When The Day Met The Night" hanno belle melodie bubble-gum, che forse non saranno di grande spessore, ma stampano un sorriso scemo sulla faccia che è difficile levarsi di dosso. E gli omaggi-citazione al repertorio pop degli ultimi quarant'anni si sprecano: dagli Smiths, alla scena britpop in generale, per arrivare sino alla psichedelia country dei mitici Byrds (ascoltare "Folkin Around" per credere).
Diciamolo, "Pretty.Odd" non è un album completamente riuscito, è un lavoro completamente fuori controllo che rischia continuamente di sbandare. Eppure, come molti progetti incredibilmente ambiziosi ma destinati al fallimento, suscita un certa simpatia.
13/05/2008