I magnifici anni Ottanta... I puristi del rock, al solito, obietteranno che le riviste patinate, le paillettes e le acconciature cotonate poco avevano a che fare con la musica e che, in fondo, il rock era ben altro. Tensione, sudore, tecnica e chitarre a go-go. E poi succede che capitino sotto le mani certi dischi che forse non faranno cambiare radicalmente idea, ma quanto meno spingono a riflettere. Sì, perché niente nasce dal nulla, ma tutto si intreccia e si aggroviglia. Così si scopre che l'anima sintetica degli anni Ottanta può convivere con lo spirito più selvaggio del rock. Come nel caso dei Cold Cave.
"Love Comes Close" è essenziale, tiratissimo, "garage dentro". Nove pezzi e trentuno minuti di tripudio lo-fi, di synth spiattellati ai quattro venti e sporcizie pop soniche che nemmeno Jamie Stewart sarebbe in grado di concepire. Proprio Caralee McElroy, ex-Xiu Xiu, interviene a gamba tesa sulle strutture dei brani, con la complicità harsh di Dominick Fernow. Fra serrati rigurgiti e sfrigolii psichedelici ("Cebe And Me"), tentazioni da tormentone synth-pop ("Love Comes Close") e accattivanti deformità ("Life Magazine"), si consuma un inizio sfavillante.
Se poi si aggiunge pure l'inno hot-disco ("The Laurels Of Erotomania") il delirio scatta in automatico. E poi irrompono persino i Laibach ("Heaven Was Full") e le seghe circolari profondono armonie inaspettate ("The Trees Grew Emotions And Died"), mentre un mantra psichedelico si snoda lentamente ("Hello Rats").
E proprio quando meno lo si aspetta, ecco un nuovo colpo da ko: "Youth And Lust", fra beat secchissimi e synth-pop d'antan.
Se al mondo ci fosse giustizia, se ne accorgerebbe anche Mtv.
It's Electronic Body Music? No, it's only rock'n'roll.
08/09/2009