Partendo dalle melodie consapevolmente anthemiche di un rock vaporoso e densamente atmosferico nonché quasi sempre proiettato in continui crescendo corali spaccacuore (in cui vanno a intersecarsi schegge luminescenti di U2, James, primi Radiohead, Coldplay, Snow Patrol, Arcade Fire), la band australiana adottata da sua maestà Elisabetta inanella una discreta collezione di brani ben concepiti e assai dilettevoli, in definitiva pop, filtrati dalla vocalità inusuale del leader Dougy Mandagi (e dal suo personale ed efficacissimo concetto di falsetto, in cui alcuni osservatori hanno colto distinti echi princeani), all'incrocio del più lirico intimismo tardo adolescenziale e uno sguardo a tratti piacevolmente stropicciato e trasognante.
Le canzoni appiccicose e i ritornelli da rimbalzare in sing-along in (future) arene gremite di bella giovinezza festante non mancano di certo, da "Science Of Fear" fino a "Rest", passando per "Fader" o "Resurrection" (molto suggestivo il ramificarsi dei giochi vocali sullo sfondo di profonde pennellate elettroniche, prima dell'apertura cinematografica della seconda parte), nelle quali si palesa per altro un'apprezzabilissima verve ritmica, colorita e cadenzante, che va a rintuzzare a dovere le impennate chitarristiche più epiche conferendo ordinata quadratura ortografica e pulizia di movimento all'insieme. Alla fine, per quanto non rimarchevole, un debutto più che promettente.
(14/12/2009)