Coadiuvati da Mark Solotroff (Bloodyminded, Anatomy of Habit) alla voce e al sintetizzatore, Blake Judd (Nachtmystium) alla chitarra, Bruce Lamont (Yakuza) al sax e Andrew Scherer (Velnias) alla batteria, Andre Foisy e Terence Hannum dimostrano, con “Territories”, di voler puntare a un suono ancora più oscuro e “profondo”.
Sempre pregna di quell’angoscia cosmica figlia di una quotidiana desolazione, la loro musica è una miscela particolarmente originale di umori e tensioni disparate, giungendo anche in pieno territorio black-metal durante il piccolo cataclisma di “Procession Of Ancestral Brutalism”. Bisogna, comunque, rilevare che, in questo caso, sono pochi i momenti davvero esaltanti, con una prima parte che si lascia preferire a una seconda un tantino troppo ripiegata su se stessa, per non dire “manierista”.
Così, se la tetra distesa sci-fi di “Ring Road” non fa altro che continuare a sviluppare le idee di “Between Barrows” (quest’ultima, impreziosita da gelide ferite di sax), la malinconia infinita di “Antediluvian Territory” e il pathos marziale di “The Columnless Arcade”, pur se fascinosi, non vanno a segno come vorrebbero o come dovrebbero. Si ripeschi, infatti, la lenta parata funerea di “Inverted Ruins” e non sarà difficile rendersi conto della qualità altalenante dell’opera.
Che "Territories" sia stato salutato, poi, come il momento culmine della loro ispirazione, dimostra quanto poco si siano ascoltati i lavori precedenti, cui vi consiglio vivamente di tornare.
27/03/2010