Che i detrattori si mettano il cuore in pace: Mike Patton ha tra le più belle e versatili voci del mondo. Lo dicono anche i "colleghi" di Rolling Stone (quelli della divisione italiana dell'impero editoriale americano). La carriera di Patton, d'altro canto, parla chiaro: dal successo internazionale dei Faith No More ai tanti progetti sperimentali alla corte di John Zorn, passando per gruppi che hanno segnato il rock indipendente pesante degli ultimi vent'anni come Mr Bungle, Fantomas e Tomahawk. Per non parlare delle collaborazioni: dai Melvins ai Dillinger Escape Plan, dai Sepultura a Björk, dagli Zu a Roy Paci.
Non stupisca che una rockstar della caratura di Mike Patton abbia collaborato con musicisti italiani, peraltro ben conosciuti negli ambienti d'avanguardia sotterranei internazionali. Mike ha la metà più bella del cuore italiana e per qualche anno ha anche vissuto a Bologna, frequentando gli ambienti musicali legati alla scena indipendente del Belpaese. Una decina di anni fa si parlava anche di una possibile collaborazione con i Brutopop. Ma al di la' delle amicizie l'amore di Patton probabilmente è sempre stato per un'altra epoca della musica italiana. Quella della canzone d'autore.
Magari Patton ha cominciato ad ascoltare canzoni italiane degli anni 60 alla radio. Magari gliele ha fatte ascoltare sua moglie. E magari le ha cantate sotto la doccia divertendosi a impararne le parole. Sta di fatto che con il tempo gli è venuta voglia di presentarle dal vivo. E ha fatto le cose in grande. Un paio d'anni fa ha messo su un'orchestra vera di trenta elementi cui si sono aggiunti un manipolo di musicisti eccezionali tra i quali spiccano i nomi di Roy Paci e Alessandro Stefana.
A vederlo cantare (per chi se lo fosse perso c'è sempre YouTube) vestito da mafioso vecchi successi di Fred Buscaglione e Gianni Morandi non si riesce a trattenere un sorriso amaro. Sembra la solita cartolina sull'Italia che in America conoscono meglio.
Patton canta con un italiano quasi perfetto e anche la mimica facciale sembra quella di un connazionale, magari espatriato molti anni fa. La musica invece è tutt'altro che una cartolina. Per assemblare le undici canzoni di "Mondo Cane" è stato fatto un lavoro di post-produzione proprio sulle registrazioni dei concerti che si trovano facilmente anche in rete.
Le melodie dei classici della canzone italiana non sono stravolte e i nuovi arrangiamenti cercano in molti casi di sottolinearne la bellezza, come accade nelle due ballate che per chi scrive sono i momenti più riusciti dell'intero disco, "Il cielo in una stanza" e "Quello che conta" (il primo dei due, omaggi a Morricone). Ci sono passaggi in cui Patton cerca di trovare una via di fuga per mettere in mostra il suo eclettismo - e quello dei suoi collaboratori: come su "Urlo negro", dove tra tamburi da spiaggia e urla isteriche si consuma il momento rock di "Mondo Cane". Patton si dimostra un istrione con pochi uguali nell'interpretare "Che notte!", divertendosi e facendo divertire.
Quando ci si imbatte in un disco di cover la domanda è sempre la stessa: c'è qualcosa che valga gli originali? Difficile rispondere, nel caso di "Mondo Cane", essendo l'operazione rivolta a un pubblico che poco conosce della canzone d'autore italiana. Sarebbe interessante, però, vedere l'effetto contrario. Portare Patton sul palco di Sanremo o di qualche altra trasmissione televisiva nazional-popolare.
31/05/2010