Dire che, con l'ultimo album, Rivers Cuomo & soci sono tornati a essere indie è una mezza bugia. Perché, sì, "Hurley", loro ottavo lavoro in studio, segna il passaggio dalla milionaria Geffen alla "piccola" Epitaph, ma sostanzialmente non cambia le carte in tavola rispetto agli ultimi album.
"Indipendenza" per Cuomo significa innanzitutto libertà di portare avanti qualsiasi pazza idea uscita dalla sua mente, a partire dalla scelta nonsense di dedicare titolo e cover dell'album all'attore Jorge Garcia che, nel popolare serial tv "Lost", interpreta appunto il simpatico Hurley (o Hugo per gli amici).
Sulla scia dei due dischi precedenti (sino al "Red Album" Cuomo ha scritto ogni canzone della band), "Hurley" punta soprattutto sulle collaborazioni, pur senza arrivare agli eccessi kitsch di "Raditude": otto delle dieci canzoni che compongono la tracklist sono infatti firmate dall'occhialuto leader della band, insieme a un cast di comprimari talmente eterogeneo da non stare in piedi.
Cuomo divide la penna con chiunque, da songwriter blasonati come Desmond Child (Bon Jovi, Aerosmith) e Linda Perry (4 Non Blondes), a colleghi dell'alt-rock statunitense come Ryan Adams, Tony Kanal dei No Doubt e Dan Wilson dei Semisonic, ma anche leggende country come Mac Davis.
Nel climax finale dell'allegro singolo "Memories" fa capolino pure l'intero cast del distruttivo e demenziale "Jackass" (in arrivo nelle sale il terzo capitolo cinematografico). Talvolta il connubio tra il talento melodico delle guest star e lo sferragliare delle chitarre della band regala piccole gemme pop (restano impresse in particolare "Ruling Me", "Run Away" e "Time Flies"), in altri casi il risultato è troppo poco incisivo e radio friendly per non far rimpiangere i capolavori del passato.
Sono questi gli Weezer degli anni 2000: una band che ha irrimediabilmente abbassato le proprie ambizioni e si accontenta di confezionare canzoncine pop semplici e vacue. Prendere o lasciare.
05/11/2010