I diavoli del nu-new-garage, i Black Lips, ritornano con "Arabia Mountain", per testare diverse cose: dapprima la tenuta interna della band nella progressiva transizione all'easy listening; quindi la tenuta del formato disco breve (che scimmiotta sia i primi long playing che i primi 45 giri) nell'era dei dispositivi digitali, e - dulcis in fundo - la tenuta dei fan alle loro insistite olografie passatiste.
Il nuovo diligente riassuntino spazia, senza nessuna innovazione ma con molta scioltezza, da frat-rock Yardbirds-iani come "Family Tree" e "Mad Dog", a ballate jingle-jangle, a trance con effetti sonori ("Mr. River", forse la migliore della prima parte) e una ridiscesa alle radici dei Ramones ("Raw Meat").
Qualcosa di appena più intrigante emerge seguitando con lo scorrere dei pezzi: "The Lie", cantato zombie su mesto sottofondo folk-rock, "New Direction", shuffle più rinforzato rispetto alle prime canzoni, "Noc-A-Homa" e "Don't Mess Up My Baby", rivisitazioni più convinte del tam-tam della "Wild Thing" dei Troggs, "Time", merseybeat demenziale, la fatua psichedelia noir di "You Keep On Running" e soprattutto il surf-pop a perdifiato alla Trashmen di "Go Out And Get It", l'apice melodico.
Sei anni dopo "Let It Boom" (come quello sedici tracce brevi), del quale "Arabia Mountain" è la versione bonacciona e più calcolata sul fronte revivalista, i Black Lips ritornano sulla scena del crimine e - di fatto - proseguono con coerenza, consci della reazione melodica seguita alle prime abrasioni del garage-rock dei 60. Ha una seconda parte simpatica, scaltra, dalle canzoni più indovinate, e una prima ovattata in un citazionismo quasi didascalico. Diviso anche nella realizzazione: dapprima a Brooklyn, poi ad Atlanta; "Bicentannial Man" e "Go Out And Get It" sono prodotte da Mr Lotus Plaza, Lockett Pundt.
22/08/2011