La folgorazione arrivò poco meno di due anni fa. Un lampo improvviso, diretto, abbagliante. Lì i Cold Cave mostravano il suono scarnificato, minimale. A voler essere buoni si potrebbe parlare di semplice evoluzione delle cose, invece i Cold Cave si rivoltano come un calzino.
"Cherish The Light Years" mostra l'altra faccia, quella tronfia e spavalda, quella dei feedback, della Grande Mela più caciarona e dell'urlo impostato su registri non distanti da Smith. A rimanere davvero intatto è un suono che colpisce e rapisce, che va dritto al punto. Scompaiono gli andamenti scheletrici (ad eccezione della penultima traccia) dell'esordio, si fa spazio un sentimento eurodance nineties.
La grandeur di "The Great Pan Is Dead" dà la cifra del tutto: chitarre in tackle scivolato, synth profondi lanciatissimi e voce impostata. Anatema da pomeriggi di giugno direzione spiaggia, il singolo squarcia il velo e da il là a "Pacing Around The Church" e "Confetti". Se la prima gioca le sue carte su un incrocio di synth-wave in ascesa, ecco che "Confetti", sin dall'iniziale giro di basso, pugnala il cuore: parte con fluidissime tastiere dream, incrocia la batteria, le chitarre in una ascesa perfetta, procede disinvolta fino ai coretti finali che si fondono ai synth in un gioco di unioni che sfiora la perfezione.
Parte "Catacombs" e pare di risentire gli echi dell'esordio avvolti da una dolcezza sin qui sconosciuta. Il prorompente passo marziale di "Underworld Usa", con synth affilatissimi in andirivieni e "Icons Of Summer" (rovinata nello spastico ritornello, un po' fuori luogo) omaggiano Dave Gahan. Trombette e passo spedito per "Alchemy Around You", fra sculettate on the dancefloor e New Order, per poi sciogliersi nel miele di "Villains Of The Moon", che sa proprio di "fine".
Non potevano fare un altro "Love Comes Close". Non si può replicare la perfezione. Hanno fatto un'altra cosa. L'hanno fatta tremendamente bene.Commenta il disco sul forum
08/04/2011