Eravamo rimasti al
disco con la croce, così come volgarmente denominato dai più. Eravamo rimasti al disco che fece del post-
Daft Punk una sorta di genere a sé stante, un miscuglio danzante di
french-touch e accelerazioni sintetiche a dir poco festaiole. Nel bel mezzo di quella che fu definita da alcuni come una nuova ondata, trovammo finanche un'ardita schiera di adulatori eccitatissimi pronti a scommettere più di un
cent circa l'effettiva valenza sulla lunga distanza di Xavier De Rosnay e Gaspard Augé, collocandoli subito ben oltre una semplice rivisitazione dell'esplosivo portamento degli altri due francesini. Ebbene, a distanza di quattro anni questi stessi adulatori rimarranno forse terribilmente spiazzati, visto che con "Audio, Video, Disco" il duo parigino mescola praticamente quasi tutte le carte sul tavolo da gioco, fuggendo letteralmente da qualsiasi previsione, anche la più fantasiosa.
Cos'è rimasto del passato? Poco o nulla. Sono rimasti i rimbalzi
electro e il synth alla Guy Manuel. È rimasta l'aureola da chierichetti smaniosi del
french-touch più sbarazzino. Stop. Il resto è fuga totale. Fuga dalla pista e fuga dalle mode. La croce è stata portata via, lontano dalle luci della città e del consumismo indipendente. Ora giace tra i campi. I Justice ingranano la retromarcia alla seconda curva e tornano a casa. Ci tornano per raccattare i dischi dei
Jethro Tull e il
prog folletto formato
Yes.
È proprio così. Non è saltata la pagina e non siete finiti per scherzo su qualche altro link. In "Audio, Video, Disco" c'è tutto l'amore di questo mondo per l'immaginario prog (!) dei primi anni Settanta. Xavier e Gaspard frullano tastiere progressive e variazioni in scia
dancefloor come cuochi ubriachi, sguazzando dal già sentito al patetico con l'incoscienza di un ragazzino che gioca con il proprio
laptop a deteriorare i dischi di papà.
Regna dunque un improbabile susseguirsi di incroci stilistici ai limiti del
kitsch più folle. Così, "Civilization" è "
Robot Rock" dei "cugini" ammorbidita con disgusto da qualche gruppetto
electro-pop che cerca invano di farsi strada sul web. Mentre la terrificante "Ohio" è una "Because" degli
scarafaggi nella versione rivista da
Elliott Smith resa dapprima paradossalmente
ipnagogica e fatta vibrare successivamente alla maniera di una cover band degli stessi Daft Punk. "Canon" è rincarare la dose ad ogni costo e provare a trovare ulteriormente (come se non bastasse) un ipotetico punto di contatto tra la solita "Robot Rock" (la quale avrà cambiato evidentemente la vita ai due Justice) e niente popodimeno che un qualunque pezzo di "
Fragile" dei divini Yes. L'orrore continua a perpetuarsi nel trionfalismo pseudo pop di "On 'n' On", nei fraseggi finto
Genesis di "Brianvision", nella coralità lercia e roboante di "Parade", nel battito
electro di "Helix".
Insomma, "Audio, Video, Disco" è uno scempio di cui onestamente non sentivamo il bisogno. Teniamoci quindi con una mano ben stretti alla corda dello scarico e con l'altra accanto alla serratura della finestra. Nel nostro bel pancino c'è qualcosa di grosso che freme peggio di un bambino al parco giochi.
Au revoir, Justice.
19/01/2012