Quarto album per il cantautore di Philadelphia, "Smoke Ring For My Halo" manifesta, già nel mood ombroso e delicatamente esistenziale dell'opener "Baby's Arms", un suono molto meno primitivo e confuso rispetto ai lavori precedenti.
Folk psichedelico che sembra aver fatto, più o meno velocemente, più o meno "intensamente", il giro delle influenze d'ordinanza, quello di Vile è un sound fedele, nonostante tutto, a un approccio lo-fi e, tra le altre cose, a un tipo di ballata un po' storta che adombra/mimetizza confessioni ("On Tour", "Peeping Tomboy"). Se a certa solarità Wilson-iana mille volte digerita si rifà "In My Time", grandi distanze e toni più drammatici si annidano, invece, tra le maglia di "Society Is My Friend", probabilmente ispirata dal delirio/mantra dei Sonic Youth ("Society Is A Hole"), con cui condivide quel senso di infinita spersonalizzazione ("Society is my friend / He makes me lie down / In a cool blood bath / Oh, society").
"Runner Ups", invece, guarda dritto al Bob Dylan che fu, l'elettrica moderatamente polverosa di "Puppet To The Man" serpeggia tra Iggy e Lou, "Ghost Town" sonnecchia al limitare di un sogno, mentre i soliti Byrds vengono portati in dote da quel suono chitarristico che passa anche attraverso la lezione degli Rem ("Jesus Fever").
Nomi che si rincorrono, insomma; intrecci e ramificazioni: tutto padroneggiato con equilibrio, senza particolari strappi emotivi ma anche senza cedimenti degni di nota. Del resto, proprio l'americana della title track sembrerebbe evidenziare il carattere "medio" dell'operazione.
Ci si torna volentieri su, comunque. E ci si accontenta.
04/04/2011