M83

Hurry Up, We're Dreaming

2011 (Mute)
dream-rock

La rivoluzione caramellata, quel revival-shoegaze che aveva fatto sperare in molti, naufragato così? E, ironia della sorte, per mano del synth? Il luogo del delitto non è dato sapersi, ma il fatto è compiuto. Dell'Ulrich non si hanno più grosse notizie, gli Asobi oramai sono la copia sbiadita del loro esordio, e le galassie parallele dei gruppi su Bandcamp si rivolgono più al dreampop che ad ogni altro genere conosciuto. Ferito e agonizzante, lo shoegaze degli Anni Zero viene tramortito per mano degli M83.

Un colpo, ben assestato all'altezza del petto, glielo avevano già inferto con le coloratissime giornate primaverili che significavano gioventù e spensieratezza, però il lavoro era effettivamente lasciato a metà. Cosa c'è di meglio allora di un doppio? Questo shoegaze dovremmo pur abbatterlo definitivamente, no? Gioiranno i fan degli Eighties, quelli col ciuffo cotonato e la voglia di sentire musica unta. E pure i fan del Canada e delle prosopopee corali in voga negli ultimi anni. A tutto però c'è un limite. Quindi sì, viva la morte, a patto però che sia rapida e indolore.

I nostri invece, in un delirio di onnipotenza, affilano i synth, oliano le tastiere, preparano i coretti, si ripuliscono le gole per gorgheggiare alla Peter Gabriel - perdonali -. Un canto messianico per hipster d'oggigiorno, un canto coloratissimo e che odora di evento evangelico, d'angeli di porcellana adagiati sul frigo in cucina. Una combo - micidiale - di cattivo gusto in un doppio. Mai un delitto era stato così efferato, lungo e punitivo. Un omicidio che prima di tutto è anche un suicidio. Li ricordiamo gli M83 belli e in coppia, a dipingere scie dolcissime. Bei tempi, bei ricordi. Ora però tutto è cambiato. Ora le regole sono diverse, ora per essere catchy devi essere epico, tonante, devi rincoglionirli i tuoi ascoltatori. Ti diranno, i fan, che è bellissimo, che è sognante. Invece no. E' solamente brutto. Brutto in una maniera bella, in una maniera che non puoi dire brutto. Forse sarebbe meglio dire tronfio. Sì, tronfio e agonizzante. Tu quoque shoegaze, fili mi.

Lo schema è piuttosto standardizzato: partenza lenta e frastuono colorato finale ("Year One, One Ufo", "Ok Pal", "Raconte-Moi Une Histoire", "Intro", "My Tears Are Becoming A Sea"), inizio roboante con synth a palla ("Midnight City", "New Map"), intermezzi vari a spezzare il ritmo e una manciata di ballate lente. Prese una a una, le tracce non sarebbe nemmeno poi così male, ma nel complesso è il polpettone del lunedì sera che non va giù.
Caro ascoltatore, puoi sforzarti quanto vuoi, puoi metterci tutto l'impegno di questo mondo, ma non ce la fai. Arrivi alla fine esausto, sfinito. Canterai queste canzoni allo stadio, tra qualche anno, come a un qualunque concerto degli U2. Intanto esala l'ultimo respiro, così lo shoegaze delle nuove leve. Ti abbiamo voluto bene. Tanto.

08/10/2011

Tracklist

CD 1

  1. Intro (feat. Zola Jesus)
  2. Midnight City
  3. Reunion
  4. Where The Boats Go
  5. Wait
  6. Raconte-Moi Une Histoire
  7. Train To Pluton
  8. Claudia Lewis
  9. This Bright Flash
  10. When Will You Come Home
  11. Soon, My Friend

 

CD2
  1. My Tears Are Becoming A Sea
  2. New Map
  3. OK Pal
  4. Another Wave From You
  5. Splendor
  6. Year One, One UFO
  7. Fountains
  8. Steve McQueen
  9. Echoes of Mine
  10. Klaus I Love You
  11. Outro