Joseph Arthur

Redemption City

2012 (Lonely Astronaut)
songwriter, electro-pop

Libertà, ovvero una delle parole più equivocate dei nostri giorni. Joseph Arthur la invoca così insistentemente, nel suo nuovo disco, che alla fine rischia di suonare solo come uno slogan autoreferenziale. Perché la vera questione è come usarla, quella libertà: soprattutto di fronte all'ubriacatura di possibilità dell'era digitale.
A qualche mese di distanza dal convincente ritorno solista di "The Graduation Ceremony", ecco comparire a sorpresa, sul sito ufficiale del songwriter americano, un nuovo album in download gratuito (con possibilità di offerta libera). Un doppio album, addirittura. Ventiquattro canzoni, più un ulteriore corollario di bonus track che dovrebbe aggiungersi nell'edizione in vinile. Il gesto in sé, dai Radioheadin poi, non ha certo una portata rivoluzionaria. Nel caso di Arthur, però, è emblematico di una filosofia ben precisa: "Non sono sottoposto ad alcuna regola o obbligo di adattarmi a una qualunque forma", afferma deciso su Twitter. "Free Freedom", insomma, come proclama il titolo di una delle tracce del disco. Ma la libertà, si sa, non basta da sola per la riuscita di un disco.

L'idea di fondo di "Redemption City" è semplice: mettere in musica le poesie con cui Arthur dà da sempre sfogo al suo lato più esplicitamente letterario. Poesie free-form, pensate per sgorgare come un flusso di coscienza senza filtro. Poesie che assumono la veste di un incalzante spoken word, sostenuto da beat martellanti e da ritornelli marcati di enfasi. La formula non manca di coraggio, ma il songwriting di Arthur ne esce irrimediabilmente appesantito. E, in un album di questa lunghezza, finisce per mostrare presto la corda.
Il potenziale dei brani non manca: basta sentire la forza della resa dal vivo dell'iniziale "Travel As Equals", presentata da David Letterman in occasione dell'uscita del disco. Una sorta di discorso sullo stato dell'Unione a passo di rap dylaniano, in cui Arthur sembra volersi fare portavoce del popolo di Zuccotti Park (a cui ha già dedicato l'inedita instant song "We Stand As One"): "The only way we can survive/ We travel as equals or not at all". Ma la versione in studio perde per strada l'incisività, barattandola con un accento molto più superficiale.

Il titolo dell'album richiama immediatamente quello di un classico della discografia di Arthur, "Redemption's Son" del 2003. All'epoca, infatti, il fotografo Peter Beard aveva suggerito ad Arthur di modificare il titolo in "Redemption City", ma ormai il disco era già pronto per la pubblicazione. Così, il songwriter americano ha deciso di recuperare quell'idea, anche se i punti di contatto tra i due album non vanno oltre il titolo.
La lavorazione dei brani, iniziata sin dal 2009, si è svolta tutta nello studio di Arthur a Brooklyn. "È l'unico disco che ho fatto in cui mi sono occupato di tutto", spiega. "Ho suonato tutto quello che produce rumore, batteria, basso, synth e chitarre, l'ho prodotto e l'ho mixato". Un lavoro più che mai individuale, insomma, che nelle tastiere di "Wasted Day" e nelle frastagliature elettriche di "Mother Of Exiles" evoca le tonalità wave di "Our Shadows Will Remain". Ma anche le intuizioni migliori ("Yer Only Job") rimangono soffocate da una veste ridondante, lasciando in disparte gli episodi dell'album dall'impianto più atmosferico.

Con il secondo disco, i contorni dei brani si fanno meno rifiniti, a partire dall'acido assolo intorno a cui gravita il lungo prologo di "Surrender To The Storm". Come spiega Arthur stesso, le due parti dell'album sono l'una l'ombra dell'altra: "È sia un album singolo sia un album doppio, dipende da quello che vuoi o dal tuo livello di interesse".
Sul fluttuare di "I Am The Mississippi", i fantasmi dell'America riemergono dalla nebbia. Quando si ritorna al presente, però, la riflessione sulla disumanizzazione tecnologica di "Humanity Fade" suona sin troppo retorica. Così, tra il retrofuturismo di "Touched" e le movenze kraut di "Sleepless", i brani assumono sempre più i tratti di una sorta di recitativo su base electro, per approdare alla fine in un'eterea reprise del brano iniziale, "Travel As Equals", che riporta le coordinate dalle parti di "The Graduation Ceremony".

Le strade della città della redenzione sono immerse in una notte al neon. Istantanee di vita metropolitana dal sapore loureediano che si sgranano sul tappeto di "I Miss The Zoo", pulsazioni elettroniche che danzano nel buio al ritmo di "There With Me". I volti che attraversano l'oscurità rimangono sfocati, lineamenti di un sogno che svanisce prima di imprimersi nella memoria. "I may have a purpose/ But it's mysterious to me", mormora Arthur in "Fractures". "In moments of strength or weakness/ I ask God for forgiveness and guidance/ Then I fall asleep/ And meet him somewhere along the fractures". La redenzione si nasconde nelle crepe della città. Ma è facile perdere la strada, inseguendo la libertà negli angoli della notte.

10/02/2012

Tracklist

Disc One

  1. Travel As Equals
  2. Wasted Days
  3. Mother Of Exiles
  4. Yer Only Job
  5. I Miss The Zoo
  6. There With Me
  7. No Surrender Comes For Free
  8. Night Clothes
  9. Redemption City
  10. Barriers
  11. You're Not The Only One
  12. So Far From Free


Disc Two

  1. Surrender To The Storm
  2. Fractures
  3. Free Freedom
  4. Touched
  5. Follow
  6. Kandinski
  7. Humanity Fade
  8. Sleepless
  9. It Takes A Lot Of Time To Live In The Moment
  10. Visit Us
  11. I Am The Mississippi
  12. Travel As Equals (Reprise)

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