Di certo non è uno che teme il cambiamento, Grant-Lee Phillips. Dopo una carriera ormai ventennale, un ultimo disco che l’ha visto ritornare senza sfigurare alle cose migliori dei suoi Grant Lee Buffalo, il cantautore di sangue nativo pubblica qui il suo album più intimo, per di più finanziato da una campagna di raccolta di fondi presso i fan.
“Walking In The Green Corn” è un lavoro di cantautorato terso, fatto perlopiù di voce e acustica, nel quale il crooning di Phillips sembra risuonare per boschi e vallate, in un afflato naturalisticamente Vedder-iano (“The Straighten Outer”, “Buffalo Hearts”, “Thunderbird”).
Per quanto la volontà di raccontare l’America dei nativi attraverso testi popolati di creature animate e simbolismi naturali abbia in sé (e si dimostri) una scelta pericolosa per quanto riguarda la freschezza artistica (e senza dubbio ciò che ne esce è un disco di cantautorato “adult”), Grant-Lee Phillips è sempre convincente nella purezza del suo sguardo, che da solo evoca panorami immacolati e sentimenti primevi non intaccati dalla modernità (la title track: “Walking in the green corn/ walking in the fields so high/ walking in the green corn/ of life”).
La trasfigurazione notturna di “Great Horned Owl” è colonna sonora di una planata silenziosa in un sogno di transfert sciamanico; il nitore acustico di “Harvest” viene rispolverato per le migliori occasioni, quando si unisce ai cori e al pianoforte in “Bound To This World” e nella struggente “Silent Arrow”.
Pur nei suoi temi nazional-popolari, da esibizione elettorale americana (per Romney od Obama che siano), “Walking In The Green Corn” risulta sempre credibile e ispirato. Consigliato anche come idea da mettere sotto l’albero.
20/11/2012