Nel caso i capricci “identitari” di una rockstar in declino (?) vi interessino, va ricordato che Paul Banks, leader degli Interpol, ha colto l’occasione di questo nuovo disco solista per dichiarare defunto Julian Plenti, l’alter ego del quale si sentiva di circondarsi quando ancora lo spettro della sua band aleggiava ingombrante sulla sua carriera personale.
Siamo abituati a giudicare queste digressioni soliste sulla base di quanto queste si discostano o si avvicinano a quanto espresso nella band - un atteggiamento che spesso confina nel pettegolezzo. “Banks” va invece valutato sulla base consueta della riuscita del proprio contenuto: ancor più che il “grattacielo” a nome Plenti, questo disco solista del giramondo dell’Essex suona sbiadito, finanche sgradevole in certe occasioni (le sincopi Interpol-iste e declamatorie di “Summertime Is Coming”, lo svagato strumentale “Lisbon”, le contorsioni urbanizzate di “The Base”, con tanto di intermezzi alla Killers), pretenzioso in altre (l’accumularsi piramidale dell’altra strumentale, “Another Chance”, la vagamente prog e Droste-iana “Over My Shoulder”).
Di certo meglio, “Banks”, quando prende le cose più alla leggera, come nel guitar-pop di “No Mistakes” (per quanto imbolsito dal punto di vista melodico), ma complessivamente un altro testamento all’ispirazione del leader degli Interpol.
30/10/2012