Cinque anni dopo, il loro ritorno discografico, "Warble Womb" segna il rientro del batterista Mark Laughlin e il restauro del trio originario con l'immancabile Steve Kille al basso, rivelandosi con le sue quindici tracce il progetto più ambizioso del gruppo.
Nessuna incertezza, nei 75 minuti del loro ottavo album: il blues tratteggia la conclusiva "September" con la stessa grazia dei groove che scortano l'apertura stoner di "Six To Let The Light Shine Thru…", mentre il suono resta corposo e omogeneo con variazioni stilistiche che non turbano il flusso quasi catartico della loro musica.
La morbida psichedelia che si rinnova nei meandri del dub di "Mr Chesty", il protest-folk ricco di nuance rock "Yesterday's Blowin’'Back", il raga-beat di "I'm Cured" (degno dei migliori Beatles) sono solo alcuni esempi della rinnovata vitalità del gruppo, che decora il tutto con pregevoli e mai superflui assolo.
Ci sono anche tracce dei Byrds nel grintoso fuzz-pop di "1000 Dreams" e granitici muri del suono in "One More Toll Taker", in un alternarsi di leggiadria e vigore stimolante per l'ascoltatore, ma è ovviamente il lato stoner quello che emerge con forza in "Warble Womb".
Il blues spettrale della magica "Rains In The Desert", i dieci minuti di heavy-rock psichedelico da foto-frame di "This Song Is Over" e il mix di shoegaze e classic rock di "Copper Is Restless ('til It Turns To Gold)" restano in attesa della celebrazione live per evolvere il loro lato epico.
Gli ultimi dubbi sulla rinascita dei Dead Meadow vengono poi in parte spazzati via dalla trascinante melodia di "Burn The Here And Now" e dall'irriverenza sonora di "In The Thicket", consacrando "Warble Womb" come una reale minaccia per la leadership dei nuovi eroi della musica psichedelica: la restaurazione vince sulla rivoluzione, almeno per questo round.
(05/11/2013)