Misophone

Before The Waves Roll In

2013 (Kning Disk)
psych-pop, alt-folk

Tutto è cominciato con una cassetta di “Sgt Pepper's Lonely Hearts Club Band”. Matt Welsh racconta di essere rimasto ossessionato fin da bambino da quei suoni colorati e bizzarri. E non c’è da stupirsi che la musica cui ha dato vita al fianco di Steven Herbert sotto l’egida Misophone sia sempre stata animata da quella stessa vocazione a un pop obliquo ed eccentrico.

Nella torrenziale discografia dei Misophone, però, “Before The Waves Roll In” non rappresenta un capitolo qualsiasi: “È finora il nostro album più grande in termini di portata e finalità”, afferma deciso Welsh. “È più orchestrale di qualunque altra cosa abbiamo realizzato prima”. Non a caso, si tratta del primo disco pubblicato dal duo per l’etichetta svedese Kning Disk dopo i due episodi che più di tutti hanno fatto brillare l’astro dei Misophone, “Where Has It Gone…” e “Be Glad You Are Only Human”, usciti tra il 2008 e il 2009.

 

Rispetto ad allora, il suono dei Misophone ha barattato un po’ della sua lucida follia per un’intimità sempre più votata al cesello melodico: ed in effetti, “Before The Waves Roll In” si presenta sin da subito come il disco più eelsiano di sempre del duo inglese. Lo si sente già nell’ouverture strumentale di “I Too Allow Myself To Dream”, con la sua inconfondibile atmosfera polverosa e nostalgica, e a confermarlo ci pensa l’intarsio di intermezzi sospesi (“A Postcard From The Past”) e sognanti bozzetti (“Hide From Reality”) che si dipana per tutto il disco, riportando le lancette dell’orologio ai tempi di “Blinking Lights And Other Revelations”. “Una specie di sigla televisiva perduta di un programma per bambini degli anni Cinquanta e Sessanta”, per usare la suggestiva definizione data da Welsh all’estetica musicale dei Misophone.

Poi, la voce della cantautrice americana Aubben Renée (meglio nota come Craven Canary) accompagna con la sua carezza la fisarmonica di “White Horses In A Yellow Sun”: “Some sailors live their lives alone/ Some boys never had a home”, sussurra tratteggiando in pochi versi tutto lo spirito solitario e vagabondo dei Misophone.

 

Il tono cantautorale della prima parte dell’album, che rimanda direttamente al precedente “Another Lost Night” lasciando da parte i profumi balcanici dei primi dischi del duo, non manca comunque delle tipiche stravaganze della premiata ditta Herbert & Welsh: “Ci sono più suoni campionati di quanti ne abbiamo mai usati in precedenza, comprese alcune strane registrazioni casalinghe e field recording provenienti dagli anni Quaranta e Cinquanta” spiega Welsh, quasi a voler ribadire l’apparenza fuori dal tempo del disco suggerita dall’artwork di Jockum Nordström.

Non manca nemmeno il consueto omaggio alla passione dei Misophone per le cover, già messa in mostra anche nel volume di OndaDrops dedicato allo psych-pop: in questo caso, “The Fear” dei Pulp si trasforma in una ballata spettrale, infestata di ectoplasmi di singing saw, mentre dalla soffitta del prewar folk arriva una versione da carillon di “A Mother’s Last Word To Her Son” di Washington Phillips.

 

A fare da contraltare all’uniformità iniziale dell’album, la seconda parte di “Before The Waves Roll In” torna a lasciare più spazio all’inventiva, a partire dall’irresistibile giostrina di minimalismo pop alla Daniel Johnston di “Don’t Make Room For The Devil”. Decisivo in questo senso è il contributo del trombone di Alone With King Kong, altro fidatissimo collaboratore dei Misophone, che proietta orizzonti di frontiera sul passo incalzante di “The Guillotine Walls”. Nonostante la quantità dei brani – e qualche dispersione di troppo lungo il percorso – “Before The Waves Roll In” riesce così ad offrire fino alla fine tutte le sfaccettature del suo classico caleidoscopio.

Tra il fischiettio “Old Unwelcome Guest” e l’orchestrina ragtime di “Mountain Low”, i Misophone catturano un brano dopo l’altro la loro personale collezione di racconti, riuscendo a dare ad ogni istantanea un risvolto di mistero grazie al più piccolo dei dettagli. Del resto, è proprio negli angoli più oscuri che si nasconde di solito la bellezza: “If you be in search of beauty/ Go where the beauty dwells/ And know that all the darkened nights/ One beauty will dispel”.

15/07/2013

Tracklist

  1. I Too Allow Myself To Dream
  2. White Horses In A Yellow Sun
  3. Hide From Reality
  4. A Postcard From The Past
  5. Old Unwelcome Guest
  6. The Fear
  7. In Search Of Beauty
  8. A Mother's Last Word To Her Son
  9. Backwards Up A Stream
  10. In Search Of Beauty (Reprise)
  11. There's Nothing Wrong With Love
  12. The Waiting Game
  13. The Year The Curtains Froze
  14. Never Forget
  15. Sleep Soundly In The Setting Sun
  16. Don't Make Room For The Devil
  17. Mountain Low
  18. The Guillotine Walls
  19. The Last Bastion
  20. Before The Waves Roll In

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