Nova Sui Prati Notturni - Frank

2014 (Dischi Obliqui)
avant-rock, post-rock, opera rock
6.5

L’ensemble multimediale e di ricerca vicentino Nova Sui Prati Notturni all’inizio della sua storia è un progetto di due chitarristi, Giulio Pastorello e Massimo Fontana, dal quale risultano dodici “Rilevazioni ambientali” (2010) dalla durata estremamente varia, dal minuto scarso ai 14 minuti, nature morte di tenue minimalismo chitarristico alla David Pajo: gli arpeggi catatonici di “1”, i glissandi alla Glenn Branca di “3”, il rado e poi allucinato paesaggio sonoro della lunga “6”, le risonanze di “8”, i baluginii cosmici di “11”.

Questo esperimento di fine, lirico psicologismo in musica non si ripete nella successiva “O.M. #1” (2011), collaborazione con l’artista visuale Stefano Bertoncello e lo sperimentatore digitale Sergio Volpato, una lunghissima dissertazione per chitarre e batteria, in un clima di sabba esaltato dal brusio elettronico di sottofondo (una rielaborazione di moltitudini di voci).
Meno pretenzioso è “L’ultimo giorno era ieri” (2011), in cui si aggiungono due voci, un eccellente seguito dello slowcore intimista dei Low ma filtrato dalla religiosità laica dei Csi. Nella stessa linea è “Paris 1971” (2012), che però accentua gli elementi sovrannaturali mentre immette tecniche d’avanguardia, come poesia declamata e musique concrete, anche se alla fine prevale la jam orientata puramente al rock (i 9 minuti di “Il fuoco”).

Nella colonna sonora per il documentario “Holomodor” (2014), primo apice di queste ricerche, l’ensemble torna solo strumentale ma senza l’idillio delle prime “Rilevazioni”, in una sonata per strimpellii e lampi elettronici, uno dei loro lavori più irrazionali e cupi.
Nel frattempo i Nova sperimentano l’attitudine all’opera rock. La prima è “Les Soleil Quitte Ces Bords” (2013), mai incisa su disco, dedicata alla figura di Arthur Rimbaud. La seconda, “Frank”, è invece dedicata al “Frankenstein” di Mary Shelley, e la maggior parte dei brani portati in scena figura in “Frank” (2014), un album che riassume le tecniche fin qui sperimentate. Come opera rock, il complesso aggiunge strati di arrangiamenti come da tradizione, anche se questa ipersaturazione è adattata ed equilibrata in soffice camerismo d’avanguardia.

I tenui vortici in sospensione debordanti nell’astrazione di “Elettricità” sono così il preludio. “Elizabeth”, che impagina in una cadenza militare una serie di fantasie per chitarre, con memorie delle loro prime “Rilevazioni”, e “Code”, cantata francescana supportata da un creativo ritmo di fabbri, sono momenti originali nella storia del post-rock italiano, ma non valgono quanto la romanza “Victor”, 10 minuti, all’inizio una “Before And After Science” di Brian Eno rifatta dai Labradford, un lungo drone che fa da introduzione, quindi ninnananna di fantasmi, e infine chiusa nuovamente strumentale di melodia spiegata.
Il momento della pompa è “Seven”, un hard-rock - pur sempre catatonico - e una parata marziale con inno di coro e mellotron. Il finale “Gliese 436b”, con cori in rima e nuove distorsioni quasi-metal, sembra anch’esso più vicino alla logorrea e alla tracotanza dell'"Orfeo 9" di Tito Schipa Jr, ma poi entra in un’altra dimensione fatta di folate elettroniche e struttura ritmica dub, una conclusione altamente imprevedibile.

Non è solo un efficace rinverdimento di una tradizione poco frequentata, non è solo una prova di coraggio e ambizione da parte di un combo italico, non è solo la prima opera post-rock in assoluto, ma una delle rarissime opere rock che fanno parlare in netta maggioranza i suoni più evocativi quasi tralasciando le parole. Il rovescio della medaglia sta nella sua dimensione eccessivamente criptica, e forse in una poco sviluppata atmosfera. Elettronica e produzione di Luca Sammartin, un apporto che ne fa il quinto membro, "libretto" di Federica Gonzato (anche bassista e seconda voce).

23/06/2014

Tracklist

  1. Elettricità
  2. Code
  3. Victor
  4. Elizabeth
  5. Code Reprise
  6. Seven
  7. Gliese 436b 

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