“Ichneumonidae” (da pronunciarsi Ick-noo-MON-eh-dee – il nome indica una pericolosa famiglia di vespe parassite) è il risultato della collaborazione tra Toby Driver (che molti di voi conosceranno sicuramente nelle vesti di leader dei Kayo Dot) e Michelle Morinaga, bibliotecaria, danzatrice e performer canadese. Con l’aiuto di Timba Harris (viola, violino) e di Russell Greenberg (percussioni), il disco mira a esplorare “l'incredibile psiche dei parassiti, accennando alla dualità di sopravvivenza e di autodistruzione, alle tensioni pericolose della convivenza e agli orrori sottili del corpo colonizzato”. Dopo aver letto questa presentazione, devo confessarvi che la curiosità di ascoltare questi tre brani è schizzata a livelli vertiginosi.
Toby ha confessato che questo è stato il primo disco che ha scritto utilizzando un metodo “classico”, insomma scrivendo ogni singolo passaggio, senza lasciare spazio all’improvvisazione, per offrire ai musicisti una visione precisa dell’insieme. Questo perché, pur essendo nato come duetto per violino e chitarra (Harris/Driver), con elementi percussivi e figure di danza aggiunte dalla Morinaga, “Ichneumonidae” si è trasformato lentamente in un progetto per ensemble allargato, un progetto che alla fine ha previsto l’utilizzo di due violini (il secondo è affidato a Leyna Marika Papach, già collaboratrice di J.G. Thirlwell nel progetto Manorexia), una chitarra, un sintetizzatore, un vibrafono, delle percussioni e delle voci processate. Nella sua forma definitiva, quella che qui si ascolta grazie alle edizioni della Ice Level Music, l’opera è quindi diventata la colonna sonora per un balletto ispirato alla tradizione Butoh.
A inaugurarla è il luccichio cangiante di “Pale Hesychasm”, una sonata esplorativa che si muove tra guizzi stridenti, stasi interrogative e piccoli sommovimenti sibillini. “Supercrescentus Of Eros” prosegue sostanzialmente nello stesso solco, al massimo lasciando sul campo qualche scossone oppure delineando panoramiche più visionarie. Una composizione, quest’ultima, che insieme alla prima evidenzia purtroppo solo il braccino corto di un’operazione tanto ambiziosa quanto poco rivelatrice. E a poco serve, alla fine, che “The Great Red Dragon And The Woman Clothed With The Sun” (il momento più breve del disco) ci metta tanta buona volontà per movimentare un po’ la scena. Alla fine, la cosa migliore resta proprio la presentazione...
14/05/2014