Il settimo disco del trio piemontese arriva come un buon auspicio dopo l’altalenante concept in due parti di “Oro”. Non che questo “Ecate” sia disco da consegnare agli annali dello sludge-doom, ma è sicuramente un’opera complessivamente più equilibrata e ispirata, sempre impreziosita dall’ottima produzione di Lorenzo Stecconi, che dona ai suoni la giusta dose di potenza e di spessore visionario.
Paesaggi psichedelici che si perdono a vista d’occhio oltre la linea dell’orizzonte, lo sciamanesimo dei primi Pink Floyd, tutta la heavy-psichedelia degli anni Settanta, la scorza tellurica del sabba nero e della fanghiglia sludge: shakerare con forza e avrete un disco che darà sicuramente gioia al vostro impianto stereo, facendo vibrare mura e vetri, quasi che la terra si stesse improvvisamente risvegliando da un lungo torpore.
Se, dunque, a propellere “Temple” c’è uno dei loro riff più ruvidi e sfiancanti, che s’inalbera lungo traiettorie sempre più innamorate di Hawkwind e Sleep, e se il cunicolo cosmico di “Revelation” è pura didascalia meditativa per lasciare un attimo respirare le orecchie, il resto del disco continua a declinare un suono che è trasfigurazione di emozioni e visioni colossali, tra una “Somnium” che si snoda tra parossistica devastazione e snodi ipnotici che nascondono mantra arcani, una “Plouton” che, nella sua cadenzata magniloquenza, concede qualcosa in termini di…ehm… “orecchiabilità” e, soprattutto, una “Daemons” che è pura evocazione dell’essenza musicale Ufomammut, sempre contesi tra le ombre di regni misteriosi, l’impassibile consistenza della terra e quella intangibile degli spazi celesti (come, del resto, la stessa dea Ecate, libera di viaggiare tra i tre regni: quello dei morti, quello degli uomini e quello degli dei…).
La palma del brano più interessante se l’aggiudica, comunque, “Chaosecret”, che giunge da lontane profondità, strisciante ed enigmatica, e incede dapprima mantrica tra voci sovraesposte all’abbagliante mistero del cosmo e ragionate modulazioni spaziali, per poi scorticare ancora una volta gli amplificatori con torride muraglie Electric Wizard che vanno lentamente disfacendosi nell’acido.
11/04/2015