Nel caso non ve ne foste accorti, il Sudafrica è l'angolo di mappamondo più utile da osservare per tirare le fila di quanto di eccitante si stia muovendo in territori elettronici di questi tempi.
Appena un anno fa giungeva in Europa il momentum shanga'an electro, via Nozinja, padrino di un filone fermentato per quasi un decennio ai margini dell'"high life" sudafricano, il tutto mentre l'house-music locale rivive di una freschezza inusitata (immancabilmente al grido "Ayobaness!"), per quanto ancora tutta da (ri?)valutare a queste latitudini, e nuove, politicizzate, frange spingono in avanti la sperimentazione del filone fino a surclassare senza troppe cerimonie le controparti euroamericane (Angel-Ho è un nome di cui dovreste almeno aver sentito parlare).
In un punto imprecisato a metà strada tra queste ultime due scene - consapevoli interpretazioni e prodotti della post-colonialità - si posiziona quindi gqom, che arriva invece dalle spiagge di Durban e che al sussurrato ma insidioso motivo "we were here before" e a un vagamente dissimulato "Apartheid never died" aggiunge, come l'abbaglio di un secondo, uno sfuggente "forgotten souls!".
Se l'ambiguo climax a metà tra ballabilità e trance può far pensare ai torridi groove kwaito, i riferimenti gqom sono però radicalmente diversi, mostrando le unghie di un suono spigoloso e inquietante, che rasenta più certi territori post-industriali di casa NON che cliché afro di sorta, senza tuttavia affondare il graffio fino in fondo, vivendo in un continuo gioco di seduzione e angoscia, in cui lo spoglio beat è sempre a un passo dal tramutarsi in una raffica di mitragliatrice.
Il materiale di "Gqom - The Sound Of Durban", prima compilation che prova a dare un'istantanea del genere, non può che essere incendiario. Tra i suoi centrotrentasette minuti passa una considerevole quantità di suoni "altri": se la tentazione di rimandare a questo o quel riferimento si palesa in un paio di attimi - e questi sarebbero probabilmente Shackleton e certe cose NON e N.A.A.F.I. - la totalità della playlist fulmina anche grazie a un senso di unicità ed esaltazione creativa di fronte alla mole di un materiale tanto incatalogabile se non per via di collegamenti para-musicali.
Voci, campionamenti, loop, aure dark-ambient perennemente sospese, ritmi sincopati, spezzettati e che pure fluiscono con incredibile sensualità, dialoghi di macchine che toccano il divino e l'inferno, un dancefloor incenerito e le budella di una terra all'acido solforico.
Citizen Boy, TLC Fam, Dj Mabheko, Emo Kid, Julz Da DeeJay, Formation Boyz, Dominowe gli attori di questa torbida storia di ritmi militanti e "geografie dell'esclusione" che dovreste tenere a mente per il futuro prossimo.
Il titolo riporta in coda un promettente "volume 1", il che non può che essere un'ottima notizia, se avrete già fatto di gqom il nome del vostro nuovo credo o nell'improbabile evenienza che vi stanchiate di queste sedici killer track.
18/05/2016