Chairlift

Moth

2016 (Columbia)
art-pop

In fondo, l'essenza del modus operandi dei Chairlift è tutta contenuta in una parola, e quella parola hanno visto bene di utilizzarla come titolo per la seconda traccia del loro terzo album, giunto a ben quattro anni di distanza dal precedente “Something”. Come quest'ultimo segnò una cesura netta, sotto il profilo prettamente sonoro, rispetto all'esordio “Does You Inspire You”, a favore di una più decisa svolta synth-pop, allo stesso modo “Moth” mette totalmente in discussione i connotati stilistici ed espressivi del suo immediato predecessore, parlando in un linguaggio ben più contemporaneo, che ricorre, quando necessario, a r&b e funk in dosi massicce.
Se quindi si tratta di stravolgimenti significativi, questi finiscono però per rifarsi ciecamente a un'impostazione creativa unitaria, coerente con se stessa nonostante i mutamenti messi in campo: polimorfismo, per l'appunto, di cui Caroline Polachek e Patrick Wimberly diventano gli attuali portabandiera in musica. Nonostante i cambi d'abito e di scenario, l'attitudine all'arrangiamento cangiante, il gusto per una scrittura colta e accessibile, nonché per pattern ritmici intricati e multiformi, rendono ogni tassello del puzzle Chairlift perfettamente incasellabile e riconducibile alla firma dei propri titolari, che dal canto loro possono vantare una personalità nell'approccio da veri fuoriclasse.

R&b e funk, si diceva, e per giunta in grande quantità: è evidente il tentativo da parte del duo di voler ampliare la propria tavolozza ricorrendo a un frasario sonoro più contemporaneo, di giocarci in una maniera analoga a quella dei Bilderbuch o di LA Priest lo scorso anno. Laddove nei primi era il pop-rock a essere sottoposto con pieno successo al trattamento “black”, e nel secondo la sua peculiare lettura dell'electro-pop, in “Moth” l'attenzione si incentra su un pop arty e sofisticato, a tratti ancora memore delle precedenti esperienze sintetiche, eppure già da solo notevolmente proiettato in avanti, a distanza di sicurezza da ogni possibile confronto nostalgico. D'altronde, la premura di rendere evidente il divario c'è stata da subito, attraverso quattro singoli che in un certo senso hanno composto il quadrilatero entro cui circoscrivere la ricercata alchimia del lavoro; premura che si rende ancor più necessaria, ad osservare come l'intento di partenza viene elaborato, gestito con una lucidità e una competenza di cui tanti ben più scafati colleghi difettano.
Laddove quindi “Crying In Public” diventa l'occasione per espandere il nu-sophisti-pop di Rhye e Jessie Ware indirizzandolo verso una forma di malinconica lounge-music dal retrogusto jazzy (nella quale lasciare la Polachek esprimersi al meglio delle proprie potenzialità timbriche), “Ch-Ching” è la potenziale indie-hit da riascolto compulsivo, frullato misto di cui è impossibile risalire agli ingredienti di partenza, condito da un ritornello killer e da uno studio compositivo di tutto rispetto, che esalta il segmentatissimo modulo ritmico e l'utilizzo inventivo degli ottoni, finalmente smarcati da facili riferimenti vintage. E se non sempre la scrittura mostra il reale potenziale del duo (“Romeo”, per esempio, pare più un collage malriuscito di tre canzoni messe insieme), dal punto di vista del sound c'è talmente tanta (buona) carne al fuoco che viene spontaneo perdere di vista quest'aspetto, e premiare piuttosto l'enorme sforzo speso nell'articolazione della proposta sonora.

Si fa presto quindi, a rendersi conto di come i due passino in un batter d'occhio da un intelligente tentativo di sondare terreni mainstream, riadattati naturalmente alla loro visione delle cose (il massiccio r&b di “Show U Off”, infiocchettato da interessanti echi dance e un'interpretazione però fin troppo enfatica a momenti), alla suadente funky-disco di “Moth To The Flame”, brillante aggiornamento dei tratti del genere alla luce della house-music anni 00 e di una spigliata allure sintetica. Per non parlare di come la genialità di un Green Gartside potrebbe, con le dovute differenze, rivivere prossimamente nell'esperienza dei Chairlift: la menzionata “Polymorphing”, nel suo incastrare cadenze dub, sinuosità sophisti-pop e venature dal retrogusto dreamy, non avrebbe grosse difficoltà ad essere il trampolino di lancio per far rivivere in maniera più estesa la complessità di un sound che in “Songs To Remember” trovò uno snodo centrale. Il talento e la voglia di mettersi in gioco ai due proprio non mancano: di certo, la strada per il possibile capolavoro è stata pienamente imboccata.

14/03/2016

Tracklist

  1. Look Up
  2. Polymorphing
  3. Romeo
  4. Ch-Ching
  5. Crying In Public
  6. Ottawa To Osaka
  7. Moth To The Flame
  8. Show U Off
  9. Unfinished Business
  10. No Such Thing As Illusion




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