L'idea è stata già battuta in passato da nomi più o meno noti, ma i risultati di uno split suscitano sempre curiosità, soprattutto quando (come in questo caso) al centro del progetto si sceglie di porre le reciproche cover per mettersi alla prova nella rivisitazione e personalizzazione di tracce altrui.
L'accoppiata protagonista di questo Ep si dimostra molto più azzeccata di quanto ci si potrebbe attendere: le analogie esistenti fra Verdena e Jacopo Incani (due pezzi da novanta del circuito nazionale "altro") sono tante, ora ne siamo certi, sia dal punto di vista della scrittura (intendo proprio nella costruzione delle frasi), sia nell'accostamento delle suggestioni strumentali.
Solo che, e qui sta il bello, mentre quella bergamasca è una rock band con fortissimi connotati chitarristici, il creatore del moniker Iosonouncane si muove in territori electro, quindi i risultati derivanti dallo scambio dei pezzi rischiano di essere davvero stupefacenti.
Ebbene, pur restando pressoché identiche nella struttura agli originali (e da questo punto di vista ci saremmo attesi, anzi, sarebbe stato auspicabile, osare parecchio di più) le quattro tracce prescelte vengono incastonate in un inedito spettro stilistico, mostrando sfaccettature che nelle versioni originali erano rimaste seminascoste o totalmente inespresse.
I Verdena scelgono (e migliorano, secondo chi scrive) due brani dall'acclamato "Die", "Tanca" e "Carne", assimilandoli a tal punto da farli diventare in tutto e per tutto materiale alla Verdena, con quegli assalti sonici, quegli attacchi imperiosi, tipici della prima parte della loro discografia.
Del resto il trio bergamasco con le cover ci ha sempre saputo fare: andatevi un po' a riascoltare quelle contenute in alcuni vecchi Ep, cose tipo "Harvest" (la trovate su "Luna") o "Reverberation" (sì, quella dei 13th Floor Elevator, sta su "Spaceman"): roba da applausi a scena aperta.
Incani pesca da "Endkadenz" le recenti "Diluvio" e "Identikit", le spoglia e le trasmuta in declinazione electro, ora con fare ecclesiale, ora con tiro da dancefloor, restando anche lui decisamente rispettoso dal punto di vista della struttura.
Il vero prodigio di questo dischetto risiede nella dimostrazione di quanto il progetto Iosonouncane possa essere considerabile come una sorta di Verdena degli anni 10, molto più delle numerose band italiane che continuano a ispirarsi apertamente ad Alberto Ferrari e compagnia: Incani ha trovato un percorso molto personale, soprattutto dal punto di vista strumentale, ma parla alla sua generazione esattamente come i Verdena facevano alla propria quindici anni prima.
Da due marchi che sono nei rispettivi ambiti notoriamente molto più bravi della media nazionale, non poteva che uscire fuori uno split stimolante e ben fatto.
Chissà che non si tratti soltanto di un primo tassello, in grado magari di preludere a un giro di concerti condiviso o addirittura alla composizione di materiale inedito scritto assieme. Sì, perché accontentarsi di quattro cover da musicisti di questo spessore non può che starci un pochino stretto.
07/09/2016