Ant Lion

A Common Day Was Born

2017 (Ibexhouse)
alt-rock

La rivoluzione e il rinnovamento non sono progettabili: quello che mette in moto il cambiamento a volte è un semplice gesto, una scelta casuale messa in atto all’interno di un giorno ordinario, apparentemente privo di senso. Basta uno sguardo d’intesa non previsto, o un incontro fortuito, per risvegliare la sopita musa e far germogliare l’ispirazione, ed è quello che è successo ai quattro protagonisti del progetto Ant Lion.

La genesi della formica leone è frutto di un atto d’amore nei confronti della musica, uno schiaffo alle regole della produzione discografica e alle sue nicchie stilistiche settoriali. Pubblicato dalla Ibexhouse di Alessandro Fiori, “A Common Day Was Born” è il primo parto di un potenziale supergruppo italiano. I protagonisti sono quattro moschettieri della scena artistica toscana: Stefano Santoni (Sycamore Age), Simone Lanari (Walden Waltz), Alberto Tirabosco (Punk Lobotomy) e Isobel Blank (Vestfalia).

L’esordio degli Ant Lion è la celebrazione dell’incoscienza e dell’azzardo, ovvero di quella metodologia creativa che è stata messa da parte in favore del politically correct sonoro. Proprio quest'ultimo, alla lunga, ha reso esangue qualsiasi innovazione creata a tavolino o elaborata da accademici proto-futuristi.
I quattro musicisti mettono in scena una performance creativa che non brama l’applauso ma il coinvolgimento viscerale, qualcosa che i seguaci delle esibizioni live dei Sycamore Age hanno già sperimentato e che sembrava alquanto complesso tradurre in un progetto discografico.

Frantumando le barriere e mettendo in campo esperienze artistiche più complesse (Isobel Blank -Eleonora Giglione- oltre che laureata in filosofia estetica è anche un’affermata creatrice di video-art con opere esposte in molte mostre d’arte contemporanea), gli Ant Lion rinnovano il concetto di Rock In Opposition.
Appare quindi logico che tra i tanti intrugli  della magica pozione di “A Common Day Was Born” si intravedano residui di Henry Cow, Frank Zappa, John Zorn, Stormy Six e Art Bears, ma anche di tutte quelle filiazioni incestuose che unendosi al rap, al noise, al jazz, al tribalismo, al funk e al post-punk hanno tracciato un filo comune per una generazione di autentici outsider della musica rock.

Faconda ma mai pletorica, la musica degli Ant Lion è bislacca, sagittabonda, abile nell’ammaliare con il suo linguaggio forbito eppur spontaneo. Poliritmie ora geometriche, ora furiose e apparentemente scoordinate, flirtano con passaggi armonici talmente densi che basterebbe affidarli a un’orchestra per trasformarli in una sinfonia post-apocalittica.
Isobel Blank  addomestica le parole trasformandole in suoni scheletrici, taglienti, nutrendo di linfa quel perenne gioco degli opposti che trasmuta la danza popolare di “Nap” in un inno alla Frank Zappa, con tanto di finale alla King Crimson dell'era “Discipline”, per poi sciogliere liquami e dolcezze liriche plumbee e sognanti nella ballata gotica “Last Day Of Night”.

Le dieci tracce di “A Common Day Was Born” sono altrettante bombe incendiare pronte a sfavillare in future esibizioni live. Il possente e nervoso corpo ritmico di “Two Needles”, l’incastro jazz-rock-funk di “No Belly” e il pop a meta strada tra Xtc e Mars Volta di “The Head Upstairs” sono pronti a trasformarsi in danza tribale e liberatoria.
Spetta comunque a “Hypno Hyppo (Zebra Dreaming)” l’arduo compito di rendere imperituro il fascino di  questo ardimentoso progetto, con il cantilenante refrain e il riff minimale della chitarra che scavano nella mente catturandone i meccanismi più ancestrali, e costringendo l’incauto fruitore a intonarli come un mantra, garantendone l’ascesi spirituale e corporea.

La forza fisica e irrazionale della musica degli Ant Lion a volte sembra soffrire la dimensione strutturale del prodotto discografico. Spesso la musica sembra liberarsi della sua dimensione circolare (cd o vinile): perfino la dimensione numerica dei file mp3,flac e wav non riesce a trattenerne l’esuberanza.

È una musica mutevole quella del gruppo toscano, capace di reinventare il post-punk in “Stray Dog, Still God” o la musica brasiliana in “Keep Your Enemies Closer”, utilizzando le stesse metodologie dei Talking Heads o delle Slits, affilando infine le armi per gli abbondanti cinque minuti finali di “Spring Doesn’t Fall”, autentica summa in chiave prog-folk-punk-jazz-etno-noise-minimal delle infinite pulsioni creative di un album destinato a risvegliare la musica rock dal torpore e dalla mediocrità.

03/04/2017

Tracklist

  1. No Belly
  2. Hypno Hyppo (Zebra Dreaming)
  3. Last Day Of The Night
  4. Two Needles
  5. The Head Upstairs
  6. Stay Dog, Still God
  7. Nap
  8. Keep Your Enemies Closer
  9. Ashtray's Anarchy
  10. Spring Doesn't Fall


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