Un po' in sordina sono ritornati i Clan Of Xymox, con un nuovo album, intitolato "Days Of Black", ennesimo di una carriera ultratrentennale che non accenna a fermarsi. Rispetto al precedente "Matters Of Mind, Body And Soul" il gruppo opta per ridurre un poco la componente elettronica e riallacciarsi più al classico goth-rock. Il disco ha il pregio di essere un onesto lavoro, curato e di maniera, che segue i diversi canoni del genere dark esplorandone gran parte delle numerose sfaccettature, con uno sguardo soprattutto agli anni iniziali del movimento. Non sempre, però, risulta efficace nell'edificare atmosfere avvolgenti, cariche della tensione psicologica che ha sempre caratterizzato il gruppo, e nel ricercare singulti emotivi. Molti brani scorrono via senza lode e senza infamia. Rimane comunque un pregevole esercizio di stile decadente.
L'inquietante title track iniziale è come una intro estesa, meccanica e ripetuta per accrescere il senso di disagio e dolore. L'album vero e proprio inizia invece con la successiva, "Loneliness", un tributo all'epoca dei Cure e della coldwave, aggiornati ai suoni di IAMX, la cui influenza si avverte anche in altri pezzi, come l'arabesca ma un po' blanda "What Goes Around". I Clan Of Xymox sono pur sempre veterani di lunga esperienza e hanno saputo far proprio uno stile caratteristico, riuscendo a connettere fra loro decenni musicali differenti.
L'elemento elettronico è amalgamato nel disco senza acquisire ruoli preminenti, risultando complessivamente ridimensionato rispetto all'ultimo disco, se non per brevi parentesi. Ad esempio, "The Rain Will Wash Away" flirta con l'Ebm, "Leave Me Be" esplora territori dark/industrial, l'intrigante "Lound And Clear" condisce il goth-rock con salsa synth. "Your Kiss" è un'accattivante canzone electro-goth trascinata da intrecci di ritmi ballabili, melodie malinconiche e altre più corrosive di sintetizzatore, atmosfere post-industriali, seguendo il consueto gusto del gruppo olandese per le stratificazioni oscure; ma è un pizzico penalizzata dalla prova vocale di Ronny Moorings che, pur complessivamente ispirata, risulta un po' piatta in questo frangente. Non c'è molto rinnovamento stilistico, ma i momenti elettronici sono con tutta probabilità quelli più avvolgenti in quanto ad atmosfere. Potevano però essere caratterizzati un po' di più, visto che oscillano fra un'inquietante, vibrante ed efficace ripetizione sonora e la mera monotonia.
I brani più vicini al post-punk e al primo gothic-rock di fine anni 70/inizio anni 80 (su tutti "I Need To Be Alone", "Set You Free" e soprattutto "I Couldn't Save You" che si tinge anche di inserti austici e di umori à-la David Bowie) sono invece più prevedibili, ma anche più corposi.
La conclusione è affidata ai tappeti di tastiera della strumentale "La La Land" (citazione dell'omonimo film premio Oscar), che si avvicina a tonalità eteree per poi trasformarsi in un dark-ambient angosciante, grazie al contrasto con i campionamenti di bambini (seppur sia un effetto stereotipato) che salutano.
26/07/2017