"Innersurface" è il nuovo album realizzato da Cristiano Deison e Andrea Gastaldello. Il duo collabora sotto la sigla Deison & Mingle dal 2014, anno d'uscita di "Everything Collapse(d)". Ricordiamo, per completezza, che la coppia ha anche all'attivo un mini-cd per Final Muzik. Dopo la seconda parte della trilogia - "Weak Life", uscito nel 2015 - ora è la volta del terzo sodalizio tra questi due musicisti dall'esperienza pluriennale. Siamo alla presenza di un lavoro sospeso tra post-industrial, dark-ambient, field recording, drone e glitch music.
L'album viene pubblicato su cd in edizione limitata per la nuova label di Stefano Gentile, la St.An.Da (sister label di Silentes), qui alla sua primissima uscita. "Innersurface" è stato registrato e missato tra il dicembre 2015 e l'aprile 2016 al Tower Home Studio di Mingle e il 1st Floor Studio di Deison.
L'idea di fondo dietro l'album è quella della caduta, un percorso "ctonico" che va verso un punto di non ritorno, l'abisso. Il primo disco, "Everything Collapse(d)", era il racconto di un mondo ormai in declino. In "Weak Life" si esploravano possibilità di vita aliene e post-umane in un ambiente ostile, mentre in quest'ultimo atto assistiamo al drammatico epilogo della speranza, la fine di un viaggio che chiude la trilogia iniziata nel 2014.
Dall'incedere lento, disturbato da glitch e interferenze, del primo brano "Breach", si passa all'oscuro drone/ambient di "Petrolio". In "Hole" la parte ritmica prende il sopravvento ricordando un po' certe sonorità illbient/dark ambient dub di Nerva, recente progetto di Mingle con Andra Bellucci. L'apocalittica "Meltdown" ricorda invece alcuni esperimenti recenti di Mika Vainio come "Life (...It Eats You Up)", "Kilo" e "Monstrance", la collaborazione con il musicista svedese Joachim Nordwall.
Il violino di Nicola Manzan (unico ospite presente) in "It Was" ben si abbina al piano suonato da Mingle, creando delle atmosfere cinematografiche, quasi da thriller di Hitchcock nella parte finale, prima dell'emergere della cupa e cavernosa "Toxin".
Molto interessante è la anche la ghost-track del disco, che propone una cover rarefatta ed evanescente di "Blato", un brano dei leggendari Borghesia, nome che non dovrebbe essere sconosciuto a tutti i veri appassionati di old school Ebm.
In generale, qui siamo dalle parti di una sorta di "apocalyptic drone music" che si agita in un pantano di oscura ambient senza speranza. Non è un tema nuovo (pensiamo anche al recente ottimo album di Donato Epiro, "Rubisco") ma di certo qui il compito viene svolto con cura e perizia, raggiungendo anche standard "internazionali" che non hanno nulla da invidiare a molte uscite estere.
10/04/2017