Anche l'operazione di restauro del sound originale, a più di cinque lustri dalla formazione, tutto sommato riesce a reggere un paio di ascolti, da pastiche di marcette funk-metal che rimandano a "Pork Soda" (1993), "The Seven", alla loro tipica imitazione dei Pere Ubu, "The Scheme". Creme del disco sono i pezzi medio-lunghi, progressivi e narrativi, un "The Trek" che incrocia umore circense, jam acida e cori demenziali, e una "The Dream" sperimentale, basata su un loop paludoso, che dice una parolina in più sul loro registro grottesco.
Basato sulla narrazione illustrata "I coboldi degli arcobaleni" (1977) dell'udinese Ul De Rico: ha riportato Claypool sulle tracce più veraci del surrealismo Residents-iano, uno dei suoi germi ispiratori (se non altro, scalderà il cuore ai superfan). Ne risulta un'opera, o meglio un'operetta, un vaudeville - intelligentemente conciso e compatto - di brani che seguono uno nell'altro, di prevedibile virtuosismo e ricercatezza puerile, una varietà stilistica che sa viepiù d'ingessatura. È, soprattutto, il disco-capolinea di una band di seconda vita artistica che ha ormai giocato tutti gli assi, anche quelli nella manica.
(06/10/2017)