Ora in studio le cose si complicano. Ogni volta che viene presentata un'uscita Diagonal, un dilemma insormontabile sorge nelle nostre menti: che genere mai assegnare a questa musica? Il sound fatto in casa da Powell e soci è unico nel suo genere, forse solo la L.I.E.S. di Ron Morelli gli si avvicina. Siamo lontani dalle austerità della scuola berlinese e della sua techno quadrata. Potente ma raffinata, è qualcosa di esponenzialmente più "sporco", che si avvicina concettualmente all'ideologia punk più che a quella di clubbing. No-wave techno è la parola che fa al caso nostro, suonata in una maniera immonda e rude, con degli strumenti digitali scordati e arruginiti, proprio come in un concerto di una punk band sfatta.
Questa premessa era necessaria per descrivere "Dance Tracksz", ennesima mina lasciata esplodere dal quartier generale Diagonal. La libertà che si è preso James per quest'uscita è davvero fuori dal comune anche per la stessa label, già dal fucsia shocking della cover che insieme al moniker "Prostitutes" compone proprio un'accoppiata vincente, fino al suono, che è follia totale: techno sporchissima, infarcita di campionamenti vocali volutamente acutissimi, passaggi attraverso un j-pop caramellato che viene letteralmente dilaniato e stuprato dalla cassa ("Bottle Smashing").
La opening track "Ah Yeah" è un inizio a dir poco folgorante dell'opera, con un sample vocale mandato in loop a intorpidire i neuroni prima dell'esplosione a metà traccia, che spazza via anche l'ultimo barlume di resistenza e ti fa vibrare ogni singola fibra del corpo. In "Rudeboy" gli schemi classici del 4/4 saltano del tutto: James fa semplicemente quello che gli pare, piazzando rullanti, cassa, beat in maniera caotica e sconclusionata, anche se deve essere davvero bravo, perché il prodotto è godibilissimo lo stesso, "Hot Key Motherfucker" invece è la sua gemella: stessi ingredienti, stesso feeling. "Reds" e "War Goes On" perdono quel minuscolo filo logico che teneva unite le restanti tracce: una è più lenta e apparentemente più ragionata, mentre l'altra corre su binari ad altissima velocità.
Tra i tanti pregi di questo album, anche il minutaggio estremamente azzeccato: appena 40 minuti scarsi danno il tempo di prendere fiato dopo una sbandata del genere, anche per chi mastica poco certe sonorità.
Dio benedica Powell e la ventata di aria fresca che sta portando nel panorama attuale con la sua Diagonal, senza mai perdere, comunque, il punto centrale: scendete in pista e date il meglio di voi.
(04/02/2017)