Se si ha anche soltanto una vaga idea di chi ci si appresta ad ascoltare, a volte il solo contesto che circonda le sue pubblicazioni può essere più che sufficiente per prevederne il contenuto, anticipando quindi possibili ri-/evoluzioni estetiche e stilistiche. Nel caso del quinto album di Zola Jesus, ancor prima che titolo e copertina, a venirci incontro è l'etichetta per cui questo è stato licenziato: tre anni fa, il pasticciato e deludente "Taiga" aveva sancito il passaggio dalla Sacred Bones alla Mute, riflettendo le speranze da parte della musicista di una maggiore promozione e diffusione del proprio operato, sempre più teso a un electro-pop cristallino e ripulito dalle minacciose asperità dark degli esordi. Flash-forward al presente, e "Okovi" parte da tutt'altre premesse. Fallito miseramente il progetto di un assalto alle classifiche da parte di Nika Roza Danilova (peraltro ennesimo pseudonimo tra i tanti utilizzati in carriera, vero nome Nicole Hummel), il ritorno nei ranghi dell'etichetta che l'ha lanciata, accudita e portata a inizio decennio a diventare una stella di prim'ordine nel firmamento dark mondiale, dice di un ripensamento sostanziale sulla direzione da imprimere alla propria carriera, sotto ogni aspetto considerabile. Lo testimonia la cover, decisamente poco angelica e ricolma di quella pece nera che ricopriva del tutto i tratti del volto ai tempi di "Stridulum", un titolo in slavo traducibile con un inquietante "ceppi, pastoie", ma soprattutto un abbandono deciso dell'asepsi electro-pop che aveva contraddistinto l'ultima prova in studio, per un recupero del pathos e delle atmosfere più tenebrose e opprimenti degli esordi. Il risultato, se forse non parla ancora davvero di una maturità raggiunta, come in molti hanno sottolineato, in ogni caso coniuga i linguaggi toccati dall'artista nel corso del suo percorso ormai decennale, catalizzandoli in una raccolta febbrile e intensa, che riporta Zola Jesus di nuovo su un'insperata retta via. È tutt'altro che una cosa da poco.
Occorre comunque chiarire come lo sguardo gettato al passato non possieda alcuna connotazione nostalgica, un desiderio di tornare a un'epoca più fortunata dal punto di vista artistico. Con la mente sempre proiettata alla prossima mossa, Danilova effettua in "Okovi" una riconversione in chiave pop (talvolta sconfinando in territori prossimi addirittura alla techno e alla dance) delle ambientazioni plumbee e sinistre dei primi album, coniugando quindi ad esse non soltanto la maggiore accessibilità melodica acquisita negli ultimi anni, ma anche interpretazioni più piene e corpose, che riflettono l'estrazione classica dell'autrice. Nonostante "Taiga" avesse infatti ambizioni quantomeno midstream, è con il nuovo disco che l'uso della scrittura e del canto agguanta paradossalmente questa seppur remota possibilità, anche se le soluzioni di arrangiamento parrebbero raccontare l'esatto opposto. In un lavoro contrassegnato da un senso costante di dolore e afflizione, in cui il fraseggio spinge sul lato più emotivo della vocalità dell'autrice, anche con qualche discreto tentennamento la penna intercetta una memorabilità che passa per refrain imponenti (esemplare quello di "Wiseblood"), costruzioni cesellate al millimetro (una "Remains" che, nel suo vorticoso crescendo elettro-tastieristico, dimostra nella sostanza come quella di "Taiga" sia stata un'occasione del tutto sprecata), una gestione degli spazi sonori che sa potenziare a dismisura la necessità dei vuoti e le esplosioni dei pieni (il simil-interludio "Ash To Bone"), in una raccolta che a suo modo centra nel presentare Danilova nella maniera più immediata e "popular" possibile.
Non che l'enfasi sia stata prosciugata, anzi, se per questo ci si trova di fronte al disco più rigoglioso ed elaborato della musicista, quello in cui i dettagli sonori rivestono importanza talvolta pure superiore al resto. In questo senso, il canto dai toni lirici di Zola Jesus, consapevole del dramma che si agita nel fitto comparto lirico dei brani, trova un corrispettivo perfetto nelle poderose aperture d'archi e nel ritorno di trame elettroniche al confine con l'industrial, che svaporano quasi del tutto le velleità dance delle precedenti prove. Seppure qualche scivolata verso i vecchi sogni di gloria ancora rimane, risultando nel momento meno suggestivo della collezione (i massicci contrappesi sintetici di "Veka", in una sorta di abboracciato pastiche che prova a incrociare i toni ieratici di Nico con stacchi ritmici pronti per il dancefloor), nondimeno per il restante progetto il discorso si fa più articolato e affascinante, in un'intersezione stilistica che sposa spunti folk e attitudine neoclassica in una suggestiva ambientazione electro-gotica. Ne vengono fuori poderose romanze su cui Danilova costruisce melodie degne della sua estrazione operistica ("Witness", sorretta da intense armonie d'archi che incrociano lo struggente minimalismo di Henryk Górecki), ma anche suadenti motivi dark-pop in cui trasformare la catatonia espressiva di Lana Del Rey in un crogiolo di affascinanti pad cameristici e secchi beat di stampo industrial-hip-hop (il bel singolo "Soak", una sorta di fastoso aggiornamento dell'estetica asettica presentata dapprima in "Conatus"), come imponenti sinfonie in cui il comparto strumentale si evolve e si frange su se stesso, tra potenti staccati cameristici e improvvise scariche di elettricità, per un affascinante incontro-scontro tra mondi (l'altro estratto "Exhumed", probabilmente il brano più complesso nella carriera dell'autrice).
Nonostante vicissitudini personali e familiari che l'hanno vista partecipe di un periodo non propriamente facile della sua vita, pare comunque che il peggio sia passato, e che nuova linfa abbia cominciato a rifornire la fonte ispiratrice di Nicole Hummel, che nonostante le pastoie decantate dal titolo ha ritrovato una libertà espressiva e un coraggio da tempo perduti. Se comunque non manca ancora qualche tentennamento di scrittura, ciononostante "Okovi" ritesse le fila di un percorso che pareva smarritosi per sempre, riportando di nuovo il nome di Zola Jesus e la sua conturbante anima dark sotto i riflettori. Per adesso si può essere più che soddisfatti.
16/09/2017