Non c’è tempo per perdersi in chiacchiere, né tantomeno di annoiarsi, quando un disco dura appena lo spazio di otto tracce, concentrate in poco più di mezz'ora. I Cloud Nothings hanno sempre amato andare dritti al dunque e anche in “Last Building Burning" la situazione viene subito messa in chiaro, sin dall’attacco della brutale “On An Edge”, un devastante hardcore-punk suonato come se la band di Dylan Baldi avesse deciso di disintegrarsi a tutta velocità contro un muro. Si apre così un album denso di teenage angst, prodotto da una formazione in stato di grazia, ancor più diretta che in passato, a tratti persino feroce, cattiva, imbizzarrita rispetto al meno intransigente (ma altrettanto riuscito) “Life Without Sound” dello scorso anno. Ma come in ogni disco dei Cloud Nothings, anche questa volta convivono in perfetta armonia le due anime della formazione di Cleveland: quella più oltraggiosamente noise (“In Shame” appartiene a questo gruppo) e quella che cerca il gancio friendly, vedi gli stralci di melodia deturpata travasati nelle narcotiche nevrosi di “So Right So Clean” e nelle veloci rotondità indie di “Another Way Of Life”, boccate d’ossigeno dopo una lunga corsa a perdifiato.
Nonostante il prepotente caos elettrico che caratterizza la scrittura di Baldi, per ogni “On An Edge” di turno ci saranno sempre una “Leave Him Now” e una “Offer An End” che - pur filando via spedite come treni - si spostano lateralmente, sul versante orecchiabile, a bilanciare gli aspetti più borderline e nichilisti. Tutto riesce benissimo, brani brevi, senza fronzoli, con una gradita eccezione, gli undici minuti di “Dissolution”, che portano i Cloud Nothings altrove, in una dimensione ulteriore, finora misconosciuta, con un lungo intermezzo strumentale immerso in feedback e improvvisazioni, che nella trasposizione live diverrà sconquasso sonico, e dal minuto otto si avanza come fossimo in una “Art Of Almost” amplificata all’ennesima potenza. Applausi.
La già diffusa “The Echo Of the World” è il perfetto instant classic post-hardcore: partenza sprint, apparente calma centrale, successivo crescendo e closing disperato urlato al mondo, quel “You’ll never take it back” che ci trascina a forza nell’abisso della disperazione, vomitandoci addosso anni di ascolti giovanili mai dimenticati. Ma è l’intero “Last Building Burning” a serbare così tanta debordante energia da far quasi fatica a contenerla. Energia che continuerà a irradiarsi fin quando anche l’ultimo fabbricato non avrà preso fuoco, come profeticamente annunciato dal titolo.
Ai Cloud Nothings da parecchi anni non solo non riesce proprio di scrivere un disco brutto, ma ai ragazzi risulta pressoché impossibile scendere al di sotto del livello di eccellenza. Un caso scuola che siamo strafelici di vivere (e condividere) in diretta. Nuovi termini di paragone per gli anni a venire.
22/10/2018