Contando i progetti – in corso, sospesi e già sepolti – a cui ha dato vita durante la sua ultra-ventennale carriera di dj, compositore e produttore, si supera tranquillamente la quindicina di nomi. Tekno Mobil Squad, ADSR SPQR, LSWHR, Creta, B A L A N C E, Assalti industriali, Divus e Lunar Lodge sono solo una parte di sigle e alter ego dietro cui si nasconde il volto spigoloso di Luciano Lamanna, nato a Crotone e cresciuto nella scena elettronica underground capitolina.
Minimo comune denominatore di tutte le uscite che lo vedono, a vario titolo, coinvolto è la sperimentazione, l'ossessione per la ricerca e la costruzione di sonorità incandescenti e al contempo glaciali, urticanti e suadenti, luminescenti e caliginose, quasi nel solco di quella famosa mano del cinema nostrano che “po' esse fero e po' esse piuma”. Dopo l'ottimo “In Vitro” (2016), esordio della produzione con il suo vero nome, e la parentesi stage-and-screen di “Iris”, condivisa con Adamennon e influenzata da “Suspiria” di Dario Argento, Lamanna torna ad affidarsi alla benemerita Boring Machines e sgancia “Sottrazione”, un concentrato di elettronica ruvida e granulosa, plasmata con sintetizzatori analogici, basso elettrico e influssi malefici emanati da un simulacro di John Carpenter.
Si parte in medias res con “Spina nel cuore”, il cui morbido fraseggio kosmische à-la Alessandro Cortini è istantaneamente scalzato da temibili beat post-industriali e suggestioni affini al primo capitolo di “Lost Themes”, per poi defluire con “Sottrazione” verso acque dark-ambient contaminate da visioni ballardiane. Un crescendo di tensione, giocata su scabre pulsazioni e bordoni raggelanti, contraddistingue la “Calma apparente” tratteggiata dal Nostro, afflitta da scostanti “Sussurri” sintetici che hanno il sapore di interferenze elettromagnetiche provenienti da mondi alieni.
La coda retro-futurista di “Sottrazione” è annunciata nei titoli che Lamanna sceglie per le ultime due tracce: “Mai più come prima” e “Futuro domani”. La prima, dalle siderali tinte space-rock evocate con la chitarra di Manuele Frau, un'indagine sonora sulla mente umana dopo l'apparizione dell'allegorico monolite in “2001: Odissea nello spazio”; la seconda una lunga spedizione hauntologica nella foresta notturna organizzata da Robert Rich, tra synth che ricreano morbide atmosfere tribali e flauto conciliante suonato da Luca Spagnoletti.
20/06/2018